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 PAPA: LE NAZIONI DEVONO ASSOCIARSI PER IL BENE COMUNE, ORMAI MONDIALE

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“È da auspicare che, ad esempio, non si perda in Europa la consapevolezza dei benefici apportati da questo cammino di avvicinamento e concordia tra i popoli intrapreso nel secondo dopoguerra”. Così Papa Francesco ai partecipanti all’Assemblea Plenaria della Pontificia Accademia delle Scienze Sociali.

Lo Stato nazionale “non può essere considerato come un assoluto, come un’isola rispetto al contesto circostante”, ha sottolineato il Pontefice.

“Nell’attuale situazione di globalizzazione non solo dell’economia ma anche degli scambi tecnologici e culturali, lo Stato nazionale – ha continuato – non è più in grado di procurare da solo il bene comune alle sue popolazioni. Il bene comune è diventato mondiale e le nazioni devono associarsi per il proprio beneficio. Quando un bene comune sopranazionale è chiaramente identificato, occorre un’apposita autorità legalmente e concordemente costituita capace di agevolare la sua attuazione. Pensiamo alle grandi sfide contemporanee del cambiamento climatico, delle nuove schiavitù e della pace”.

“Mentre, secondo il principio di sussidiarietà, alle singole nazioni dev’essere riconosciuta la facoltà di operare per quanto esse possono raggiungere – ha continuato Francesco –, d’altra parte, gruppi di nazioni vicine – come è già il caso – possono rafforzare la propria cooperazione attribuendo l’esercizio di alcune funzioni e servizi ad istituzioni intergovernative che gestiscano i loro interessi comuni. È da auspicare che, ad esempio, non si perda in Europa la consapevolezza dei benefici apportati da questo cammino di avvicinamento e concordia tra i popoli intrapreso nel secondo dopoguerra. In America Latina, invece, Simon Bolivar spinse i leader del suo tempo a forgiare il sogno di una Patria Grande, che sappia e possa accogliere, rispettare, abbracciare e sviluppare la ricchezza di ogni popolo. Questa visione cooperativa fra le nazioni può muovere la storia rilanciando il multilateralismo, opposto sia alle nuove spinte nazionalistiche, sia a una politica egemonica”.

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