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CASO MONS. ANTONAZZO. ANCHE LA NOTIZIA-CHIACCHIERA VA FERMATA

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Ne uccide più la lingua che la spada; tuttavia, mentre chi uccide con la “spada” viene punito, chi uccide con la lingua può continuare a farlo, magari con tutti gli onori. Ce lo insegna la brutta e, per certi versi, assurda vicenda di cui è stato vittima il Vescovo di Sora, mons. Gerardo Antonazzo, il quale, dopo essere stato letteralmente sbattuto in prima pagina con un’accusa di molestie, poche ore dopo viene scagionato dal Pubblico Ministero che chiede l’archiviazione del caso per difetto di querela, in quanto nessuno, detto in parole povere, ha mai sporto denuncia. Il fatto, giuridicamente rilevante, non è dunque mai esistito, mentre sussiste la sua falsa ricostruzione virtuale e mediatica.

Per capire se l’accusa e la smentita a distanza di poche ore avesse portato la gente a comprendere la verità dell’accaduto, ho fatto un sondaggio tra un numero piuttosto significativo di persone di mia conoscenza: tutte mi hanno detto di conoscere l’accusa, ma di non sapere nulla o quasi della sua infondatezza, nonostante fosse stata dichiarata dagli inquirenti e nonostante le molte dichiarazioni di solidarietà al Vescovo, cui va anche la mia fraterna vicinanza. Fin qui, nulla di nuovo sul fronte della comunicazione contemporanea, perché sappiamo che la smentita non serve mediaticamente a nulla, così come non fa notizia l’assoluzione o l’archiviazione di un caso.

Tuttavia, come ogni attività umana, anche quella della comunicazione mass-mediale va onestamente condotta. Se poi la comunicazione è fatta da cattolici ed il caso riguarda un Vescovo, oltre all’onestà va messa in campo la virtù della prudenza, che pare davvero latitante in questo periodo storico. Purtroppo ho dovuto constatare che, pochi minuti dopo la notizia delle accuse, anche comunicatori cattolici si affannavano a postarla sui loro profili FaceBook con commenti che inducevano a un giudizio di condanna preventiva. Se si cercano ora, non si trovano più, cancellati per rimorso, opportunismo o per entrambi i motivi. Fatto sta che anche tra i comunicatori cattolici può essersi annidato il tarlo dell’adattamento ai criteri del mondo che impongono di arrivare prima e subito, a costo di contribuire, anche nolenti, a buttare il prossimo nel fango. Mentre è abbastanza chiaro che riportare una chiacchiera sia un peccato che può arrivare ad uccidere una persona, socialmente o  fisicamente, forse non è ancora abbastanza chiaro che sia un male anche riportare una notizia-chiacchiera condividendola di profilo in profilo e di sito in sito. Come la chiacchiera, anche la notizia-chiacchiera va fermata. Senza indugio.

Marco Brusati

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