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CARD. MONTENEGRO: “NON ACCOGLIERE I MIGRANTI SIGNIFICA STRAPPARE LE PAGINE DELLA BIBBIA”

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“Nel Mediterraneo 30mila morti, solo quelli contati. Si parla di altri 30mila dispersi. Quello che era un mare bello è diventato una tomba liquida”. Sono parole di dolore e denuncia quelle pronunciate dal cardinale Francesco Montenegro, vescovo di Agrigento e presidente della Caritas italiana, intervenendo alla Conferenza internazionale “Vivere e testimoniare la frontiera. Migrazioni, confini, accoglienza” organizzato da Mediterranean Hope (MH) – Programma rifugiati e migranti della Federazione delle Chiese evangeliche in Italia (Fcei) in collaborazione con il Centro Diaconale La Noce. Cinque giorni fra Palermo (30 settembre – 2 ottobre) e Lampedusa (3-4 ottobre) per riflettere e condividere esperienze su politiche migratorie, confini, buone pratiche di accoglienza e integrazione, corridoi umanitari.

“Quelli che sono dei nemici sono dei nostri fratelli”, ha detto il cardinale che oggi pomeriggio sarà con le Chiese protestanti a Lampedusa per una commemorazione ecumenica in memoria delle vittime del mare nel giorno del naufragio di 4 anni fa, dove persero la vita 368 persone. “Io sono stato, quando ci fu il naufragio, ad accogliere le salme”, ricorda Montenegro. “Molte di quelle persone morte avevano al collo un crocifisso o una medaglietta. Sono morti in comunione con Dio, incontrando Lui. Erano nostri fratelli cristiani. Fratelli che sapevano quello che stava accadendo e l’unico modo per entrare in rapporto con loro è stata quella medaglietta”. Forte la denuncia: “Parliamo di diritti umani… ma li diamo per scontati. Di fatto non sono riconosciuti sempre e ovunque”. E di fronte ai numerosi cristiani che non vogliono i migranti e non vogliono accogliere, il cardinale afferma: “Questo significa strappare le pagine della Bibbia”.

Ai partecipanti della Conferenza il cardinale ha quindi parlato di tutte le iniziative promosse dalla Cei e da papa Francesco per accompagnare i flussi migratori a partire dal progetto del corridoio umanitario dall’Eritrea che, entro la fine di novembre, poterà in Italia 500 profughi a un anno dal primo ingresso. C’è poi il progetto lanciato ufficialmente da papa Francesco il 27 settembre, “Share the journey” (#sharejourney), nato con l’obiettivo di promuovere la “cultura dell’incontro” nelle comunità da cui i migranti partono o ritornano, in quelle in cui transitano e in quelle in cui scelgono di stabilire le loro case. E, infine, la campagna “Liberi di partire – liberi di restare” con la quale “vogliamo far crescere la consapevolezza di chi fugge” e favorire una cultura dell’incontro in chi riceve. Il cardinale ha quindi concluso ricordando le parole di papa Francesco: “Sogno un’Europa dove essere migrante non è un delitto”.

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