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OLTRE 4 MILA POVERI RAGGIUNTI DALLE ACLI DI ROMA GRAZIE AL RECUPERO DEL CIBO INVENDUTO

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Quasi 40mila kg di pane (per la precisione 39.581) e oltre 7mila kg ortofrutta invenduti, per un valore economico di circa 107.000 euro. Sono i risultati, raggiunti nell’ultimo anno, dalla campagna “Il cibo che serve”, promossa dalle Acli di Roma. L’iniziativa ha raggiunto quest’anno un totale di circa 4mila poveri ogni giorno attraverso la rete degli enti caritatevoli, con oltre 1 milione di pasti accompagnati. L’obiettivo? “Creare un’economia circolare in cui gli sprechi diventano risorse”, come ha spiegato oggi la presidente di Acli Roma, Lidia Borzì, partecipando al secondo appuntamento della VI Giornata nazionale di prevenzione allo spreco alimentare, presso la sede dell’Enpam, di piazza Vittorio. L’evento, dal titolo “Primo: non sprecare – Alimentare il valore del cibo” rientra nelle manifestazioni ufficiali della Giornata promossa dalla campagna “Spreco Zero” e dal progetto “60 Sei Zero” del Ministero dell’Ambiente insieme all’Università di Bologna – Distal (Dipartimento di cienze e Tecnologie Agroalimentari). Alla giornata hanno preso parte anche diversi bambini e ragazzi delle scuole elementari e medie che hanno ascoltato una lecture sul cibo e l’importanza della lotta allo spreco da parte di Alberto Oliveti, presidente della Fondazione Enpam, e del professor Andrea Segrè, presidente di Last Minute Market e ideatore della campagna “Spreco Zero”. “Da alcune indagini che abbiamo condotto, stimiamo che ogni anno, a livello domestico, sprechiamo cibo per 8 miliardi di euro, che diventano 12 se consideriamo gli sprechi di cui non siamo consapevoli”, ha spiegato Segrè. “Le crescenti diseguaglianze sociali che vediamo ogni giorno nella nostra città e nel nostro Paese si riflettono sulle nostre tavole – ha detto ancora la presidente Acli Roma, Lidia Borzì – Noi vediamo chi usa con grande disinvoltura la pattumiera di casa perché ha cibo in eccedenza e lo getta perché scaduto o in scadenza, e chi ha carenza di cibo e va a scavare nei cassonetti. Proprio per colmare queste diseguaglianze crescenti bisogna lavorare molto sul versante educativo, quindi sensibilizzare i bambini, i ragazzi, le famiglie, ma anche lavorare sul versante del recupero delle eccedenze che si producono nei circuiti della grande distribuzione, nei mercati per fargli arrivare ai circuiti della solidarietà”.

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