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DA OGGI A ROMA IL 61° CONSIGLIO NAZIONALE DEL SINDACATO COAS MEDICI DIRIGENTI

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Da oggi venerdì 9 febbraio, a partire dalle ore 17, e fino a sabato 10 febbraio, presso la “Sala Colonna” dell’Hotel Metropole di via Principe Amedeo, 3 a Roma, si terrà il 61° Consiglio Nazionale dell’Organizzazione Sindacale Co.A.S. Medici Dirigenti. In arrivo nella Capitale oltre 24 delegati regionali, in rappresentanza di tutti medici ospedalieri iscritti al sindacato e provenienti da ogni parte d’Italia. Saranno presenti, tra gli altri: LUCIA MAGNI e ALESSANDRO GARAU, rispettivamente presidente e segretario nazionale del CoAS Medici Dirigenti.

“Tra i temi di confronto che verranno trattati nella due giorni – spiegano congiuntamente Lucia Magni e Alessandro Garau, rispettivamente presidente e segretario nazionale del CoAS Medici Dirigenti – il fatto che negli ultimi anni sono almeno 11.000 i posti di lavoro medico persi negli ospedali italiani, con carenze avvertite soprattutto nelle strutture più disagiate ed in particolare per le specialità dell’emergenza: gli anestesisti sono carenti per 3800 unità e gli Specialisti in Ortopedia, Chirurgia e Ginecologia sono scoperti per circa 6000 posti. Tutto questo, insieme a liste d’attesa infinite, obbliga chi ha bisogno di cure a rivolgersi a strutture private, generando una spesa documentata di 35 miliardi di euro, pari al 25% della spesa globale degli italiani per curarsi”.

“Un’altra emergenza – aggiungono i vertici del COAS Medici – la vera e propria emergenza nata dal blocco delle assunzioni che ha causato sia il mancato turn-over, sia la drastica riduzione, almeno del 10 %, del numero di medici ospedalieri e dei servizi su tutto il territorio italiano. A questo occorre aggiungere che dal 2010 la progressione economica si è arrestata a causa del mancato recupero delle RIA (Retribuzione Individuale di Anzianità), della ridottissima distribuzione degli incarichi e l’utilizzo parziale dei fondi aziendali, tanto che per il periodo compreso tra il 2016 e il 2018 l’aumento del monte salari complessivo non raggiungerà il 3%”.

“I soldi risparmiati – concludono Magni e Garau – non sono stati reinvestiti e questo ha comportato l’accorpamento di reparti, la mancata manutenzione e il rinnovo delle strutture. La carenza di posti letto e i disagi lavorativi derivano direttamente da queste mancanze e generano a loro volta ulteriori difficoltà, come la poca sicurezza sul luogo di lavoro e i troppi casi di aggressioni verso medici, del personale infermieristico dei Pronto Soccorso e di tutti i servizi dell’urgenza”.

 

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