Religioni

CHIESA, PAPA FRANCESCO BENEDICE UN TABERNACOLO CREATO CON LE LAMIERE DELLA BARACCOPOLI KIBERA

tabernacolo-kenya


Papa Francesco quest’oggi, al termine dell’udienza generale del mercoledì, ha benedetto un tabernacolo realizzato con le lamiere della Baraccopoli di Kibera, lo slum più grande l’Africa, che si trova a Nairobi in Kenya; non è stata però l’unica benedizione di Bergoglio, difatti, una mula portata da pellegrini argentini, in ricordo del Cura Brocheto, un prete argentino che proprio grazie ad una mula percorse migliaia di km per assistere gli abitanti delle sierras e che è stato proclamato santo la scorsa domenica.

L’iniziativa è della Fondazione Casa dello Spirito e delle Arti che ha già presentato nei mesi scorsi a Papa Francesco altri due suoi progetti: la Croce di Lampedusa, costruita con i legni delle barche dei migranti e le ostie della Misericordia, prodotte nel carcere di Opera.

Queste opere, oltre al valore artistico, denunciano gravi situazioni come la condizioni di oltre un miliardo di persone nel mondo che vive ancora nelle baraccopoli, con una crescita stimata fino al 50% nel prossimo decennio. Solo nello slum di Nairobi vi abitano due milioni di persone che non hanno energia elettrica, una rete fognaria o acqua potabile e solo il 5% dei bambini va’ a scuola.

“Se Gesù nascesse oggi – commenta Arnoldo Mosca Mondadori, ideatore del progetto insieme a Giovanni Manfredini – forse nascerebbe in una baraccopoli. Vorremmo che questo pastorale girasse il mondo, come testimonianza nei confronti di questo dramma della nostra contemporaneità”, in ogni “tappa” del viaggio del pastorale, la Fondazione Casa dello Spirito e delle Arti donerà un tabernacolo, realizzato con le lamiere delle baraccopoli di tutto il mondo. “E’ umile – conclude monsignor Pierangelo Sequeri, teologo e attuale preside del Pontificio istituto Giovanni Paolo II – questo Pastorale del Cristo povero, nomade emigrante fin dalla sua tenera infanzia. In effetti, fu ricavato dalle modeste lamiere dei luoghi dell’accoglienza e dell’abbandono che infinitamente si ripetono, anche ora”.

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