Fatti di Roma

ATAC CHIEDE AL CAMPIDOGLIO LA REVISIONE DEL CONTRATTO, MA NON C’E’ RISCHIO DEFAULT

Una revisione del contratto di servizio tra Atac e Roma Capitale per salvare la municipalizzata dei trasporti capitolini – già nel guado di una una procedura di concordato preventivo – dagli effetti nefasti del coronavirus. La richiesta è stata formalizzata questa mattina nel corso di una seduta della commissione capitolina Mobilità, presieduta da consigliere M5s Enrico Stefàno, dedicata al tema. “Oggi – ha spiegato il responsabile dei contratti di Atac Franco Middei – il contratto di servizio non sta in equilibrio, noi auspichiamo un intervento statale, ma intanto abbiamo richiesto, tramite una nota inviata a Roma Capitale, la revisione del contratto. Una revisione legata alla temporaneità e al riequilibrio di tutte le risorse perse in questo periodo. In un momento di emergenza come questo pensiamo sia necessario un intervento di questo tipo”. Nel corso della commissione il direttore finanziario di Atac, Stefano Guadalupi, ha spiegato come da qui alla fine dell’anno Atac potrebbe trovarsi con un buco di 120 milioni di euro di mancati ricavi derivanti dalla vendita di biglietti (150 in realtà, ma 26 coperti da un fondo statale). L’equilibrio finanziario di Atac, infatti, si basa sulla copertura dei costi standard – i costi aggregati che ogni tipologia di vettura ha per chilometro – in parte attraverso il corrispettivo pagato dal Campidoglio per chilometro percorso (al 65 per cento) e in parte grazie ai ricavi da bigliettazione (35 per cento).

Atac, si dice in gergo tecnico, è un’azienda “gross cost” sulla quale, in pratica, gravano sia il rischio industriale (quello che dipende da una efficiente gestione di flotta e servizio), sia quello commerciale, legato alla vendita di biglietti e abbonamenti. Proprio per evitare che la pandemia colpisca mortalmente la municipalizzata, il Pd ha presentato una mozione per chiedere una revisione del contratto di servizio da “net” a “gross cost”: trasferendo gli effetti della mancata vendita dei biglietti su Roma Capitale. Come ha spiegato Middei: “Con un contratto net cost il crollo delle vendite implica che una quota importante del piano economico finanziario viene meno, e non per ragioni di gestione, ma per cause esogene non imputabili al gestore e che vanno al di là alla normale area di rischio che uno assume quando sottoscrive un contratto. Se questo contratto non viene rivisto, si mette l’azienda a rischio default”, ha poi aggiunto senza giri di parole.

Secondo il dirigente Atac, inoltre, i provvedimenti presi dal governo per tutelare le aziende di trasporto pubblico garantirebbero per adesso solo le imprese con contratti gross cost. “Nel decreto cura Italia – ha detto – è stato previsto che non si possono tagliare corrispettivi per i chilometri non fatti che devono essere pagati integralmente dagli enti locali, né si possono applicare penali. In questo modo si salvano le perdite dal punto di vista industriale coprendo ampiamente le aziende con contratti gross cost e addossando le perdite sugli enti locali”. Lo stesso secondo Middei non accade però per imprese che, come Atac, hanno contratti net cost. “Anche noi siamo parziali beneficiari di quella norma perché copriamo il 65 per cento dei costi con la convenzione con il comune per i chilometri percorsi, ma il 35 per cento che invece è coperto dalla bigliettazione oggi è esangue”. Il governo in realtà ha pensato anche a questo predisponendo con l’articolo 200 del decreto rilancio un fondo da 500 milioni per i mancati ricavi generati dalle norme di emergenza alle aziende di trasporto pubblico locale. “I fondi – ha detto Middei – sono assolutamente insufficienti. Il nostro settore ha stato calcolato circa 200 milioni per mese di ricavi mancanti, comprendendo aziende di tpl e ferrovie regionali”.

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