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SANITÀ’: CRISI FATEBENEFRATELLI, REGIONE DISPONIBILE AL CONFRONTO

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Dopo il grido di protesta sollevato nei giorni scorsi dalla dirigenza del Fatebenefratelli contro la Regione, si è tenuto ieri, presso la sede del Ministero della Salute di Lungotevere Ripa, l’incontro tra i vertici del nosocomio, la Regione Lazio, il Direttore generale della programmazione del Ministero e il Ministro della Salute Beatrice Lorenzin, per ottenere maggiori informazioni sulla situazione del celebre ospedale romano.

La prima tappa di un confronto doveroso e positivo – a detta delle parti – che proseguirà giovedì e in cui la Regione si è detta disponibile a discutere, in maniera ancora più approfondita, tutti i dettagli del piano industriale “purchè si tolga la pregiudiziale dei licenziamenti”.

La chiusura di tre servizi, il ridimensionamento di quattro attività sanitarie e tagli al personale per 170 posti di lavoro – tra dipendenti e consulenti – previsti entro fine anno dal nuovo piano industriale “lacrime e sangue”, messo a punto dal direttore generale Carlo Maria Cellucci, sono stati messi oggi al centro del tavolo di confronto.

“Basta. La Regione Lazio ci ha messo in ginocchio” era stato lo sfogo della Presidenza e dalla Direzione Generale della roccaforte sanitaria della capitale che, dopo due anni di bilanci in perdita, rischia ora il naufragio. Rischiano la chiusura il Servizio Psichiatrico di Diagnosi e Cura, il Servizio Dialisi e il Centro Trasfusionale, garanti fino ad oggi, secondo gli ultimi dati dell’ospedale, rispettivamente di 500 ricoveri, 18.599 prestazioni e 11.250 sacche di sangue.

Per non parlare del ridimensionamento dei servizi che porterà ad una drastica diminuzione delle altre attività sanitarie per un totale di 1.300 ricoveri in convenzione, 2.500 terapie oncologiche e 30.000 prestazioni in radioterapia.

Le principali cause – ha affermato la dirigenza in un comunicato stampa pochi giorni fa – sono da imputarsi alle irrisolte dispute giudiziarie con la Regione, in corso dal 2006, in merito ad abbattimenti tariffari, livelli di produzione non riconosciuti e funzioni di alta specializzazione – come la terapia intensiva neonatale, l’emergenza e la rianimazione – mai remunerate.

Immancabile la risposta della Regione che prontamente ha precisato come le attuali difficoltà non fossero dovute a mancati pagamenti da parte del sistema sanitario regionale e come, in particolare, le pendenze relative agli anni tra il 2006 e il 2011 fossero state conteggiate e liquidate per un importo pari a 47 milioni e 500 mila euro nonché liquidati a favore dell’ospedale romano 3 milioni e 500mila euro in quanto somme certe ed esigibili.

Un confronto dunque ancora aperto, in cui la collaborazione è finalizzata ad un obiettivo comune: la sopravvivenza di uno degli ospedali più importanti della capitale che per 500 anni ha erogato cure e servizi a tutta la cittadinanza laziale e non solo.

 Francesca Berti

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