Angolo della Salute

SALUTE, PEGGIORANO LE CONDIZIONI IMMIGRATI REGOLARI ANCHE PER COLPA DELLA CRISI

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 Peggiorano le condizioni di salute degli immigrati regolari in Italia, anche per colpa della crisi economica: mentre nel 2005 gli stranieri residenti presentavano uno stato di salute migliore rispetto agli italiani, nel 2013 le differenze si sono ridotte e addirittura annullate per quanto riguarda la salute fisica ed è aumentata la quota di persone che dichiarano cattiva salute mentale in misura maggiore proprio tra gli stranieri, soprattutto tra le donne. E’ quanto emerge dalla indagine Istat ‘Condizione e integrazione sociale dei cittadini stranieri 2012-13’ (condotta su un campione nazionale di circa 10 mila famiglie con cittadini stranieri residenti, per un totale di oltre 20 mila cittadini stranieri), presentata al convegno ‘Epidemiologia della salute della popolazione immigrata in Italia’ organizzato in collaborazione dall’Istituto nazionale migrazioni e povertà (Inmp) e Istat. I dati 2013 evidenziano anche che gli stranieri che risiedono in Italia da oltre 10 anni hanno una probabilità superiore del 20% di dichiarare cattiva salute percepita rispetto a chi è residente da meno tempo.

Attraverso i dati dell’indagine multiscopo Istat sulle condizioni di salute e il ricorso ai servizi sanitari della popolazione, è stato effettuato un confronto tra le edizioni 2005 e 2012/2013 appunto per valutare lo stato di salute fisico e mentale percepito della popolazione immigrata in un periodo caratterizzato dalla crisi economica globale, che ha colpito in modo particolare le fasce di
popolazione più deprivate.

La crisi economica, osservano Istat e Inmp, ”sembra quindi essere in grado di accelerare il processo di assimilazione degli stranieri agli stili di vita delle fasce di popolazione più deprivata”. Inoltre, ”essendo noto che al momento dell’arrivo gli immigrati presentano uno stato di salute migliore rispetto a quello della popolazione residente, tale vantaggio di salute si sta dunque rapidamente esaurendo, suggerendo che la programmazione sanitaria e la prevenzione devono rafforzare politiche orientate all’equità”.

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