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NELLA TERRA DEI LIKE

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Nel volo verso nuovi umanesimi, stiamo facendo scalo nella terra dei like. Il decollo è avvenuto dalla terra della coerenza, dov’era considerato un valore mostrarsi per quel che si è: dico quel che faccio; racconto quel che sono. Lasciata quella terra sicura, siamo transitati dalla terra dell’apparenza: mi mostro, quindi sono; appaio, quindi valgo. Infine, da poco più di un lustro, anche la terra dell’apparenza è stata semi-abbandonata ed abbiamo iniziato a colonizzare la magmatica terra dei like: non solo dico e faccio, ma addirittura penso ciò che ottiene consenso o che, quantomeno, non solleva dissenso.

In questa nuova terra, si percorrono prevalentemente due strade. La prima è la novità: basta scorrere YouTube per trovare milioni di visualizzazioni a video di “cose mai viste prima”: dal leone che abbraccia scodinzolante il suo padrone, al sacerdote in paramenti liturgici che, ad un matrimonio, canta e balla “Mamma Maria”. Siccome non son cose di tutti i giorni, ecco scattare il consenso. Tuttavia, la strada della novità nella terra dei like è difficile da percorrere ed è molto breve: tutto nasce e finisce con il consenso che si riceve e chi lo offre è già pronto a cercare altro.

La seconda strada è l’uniformità, meno insidiosa della prima e, per questo, più praticata: che corrisponda o meno al vero, nella terra dei like l’uniformità porta a mostrarsi contro il bullismo, il razzismo, l’odio, le fobie e la para-fobie; a dirsi costruttori di ponti, dialoganti, accoglienti, multiculturali. Man mano però che si percorre questa strada, avviene un’evoluzione antropologica: il pensiero smette di essere articolato, declinato, sfumato, per divenire pensiero semplice (mi piace-non mi piace) e poi pensiero unico (mi deve piacere-non mi deve piacere). Siamo così portati a censurare il nostro stesso pensiero, quello che, per esempio,  fa rabbrividire quando si viene a sapere che nel cuore dell’Europa un minore ha subito l’eutanasia. Si tratta di una notizia-novità passata nel soffio stesso del suo racconto e finita nel dimenticatoio, pronta per un’altra novità. In più, la mancanza di reazioni significative ci induce a credere che il pensiero stesso, quello che si indigna per cani e gatti maltrattati, diventa uniformemente muto quando si ritiene che qualcosa abbia già tutti a favore, finendo così per accettarla senza discussioni. Succede così che il pollice alzato nella terra dei like, al contrario di quanto avveniva nelle arene romane, finisca per significare morte.

Marco Brusati

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