Angolo della Salute

LA FONDAZIONE GEMELLI IN CAMPO CONTRO IL LONG-COVID

A oggi “oltre 4,7 milioni di italiani (quasi 240 milioni nel mondo) hanno contratto il Covid-19. L’infezione ha provocato molte vittime (solo in Italia oltre 131 mila), ma adesso che si dispone finalmente di strumenti di prevenzione efficaci come i vaccini, l’attenzione degli esperti si sta focalizzando su un altro aspetto della pandemia, quello del long-Covid, che potrebbe interessare fino all’80 per cento di quanti hanno contratto l’infezione”. La Fondazione policlinico universitario Agostino Gemelli Irccs ha avuto un approccio “visionario e pionieristico all’argomento”, si legge in una nota con l’apertura del primo ‘Day-hospital post-Covid’ d’Italia e d’Europa, a distanza di appena qualche settimana dall’inizio del primo lockdown.

“Purtroppo, nonostante il long Covid sia ormai un’entità nosologica definita e riconosciuta anche dall’Organizzazione mondiale della sanità (Oms), a oggi non ha una presa in carico codificata (Drg) da parte del Servizio sanitario nazionale – spiega la nota – e non è contemplato a livello assicurativo, né previdenziale. Questa sindrome che può declinarsi per mesi in oltre 200 sintomi, più o meno invalidanti, è in gran parte ancora da studiare. La conoscenza delle cause, l’individuazione di biomarcatori prognostici e di elementi in grado di farne prevedere la comparsa potrebbe aiutare a definire misure di prevenzione, di trattamento e riabilitative. Anche perché per molti sopravvissuti al Covid questo è un incubo che continua e impatta in maniera importante sulla qualità di vita, sulla capacità di funzionare”.

“La Fondazione policlinico Gemelli – afferma il professor Marco Elefanti, direttore generale della Fondazione policlinico universitario Agostino Gemelli rccs – si impegna a fare la sua parte, potenziando le attività del Dh post-Covid – al momento ancora l’unico di questo tipo attivato a Roma -, sia sul versante assistenziale che di ricerca e allestendo dei nuovissimi ambulatori di pneumologia, integrati con strumentazioni all’avanguardia e teleassistenza. Infine, è necessario potenziare le attività del laboratorio di microbiologia che sta lavorando senza sosta sulla diagnostica Covid da inizio pandemia. Lo scorso anno al Gemelli sono stati processati ben 650.000 campioni clinici e quest’anno si arriverà a lavorarne 840.000. E nonostante l’intensa attività clinico-assistenziale imposta dall’emergenza, la ricerca non si è mai fermata. Anzi. I nostri ricercatori hanno pubblicato numerosi lavori sui vari aspetti del Covid, tra i quali il primo in assoluto sugli effetti a distanza della malattia sulla prestigiosa rivista Jama, il cosiddetto long Covid. La strada è ancora lunga e per andare avanti abbiamo bisogno del sostegno di tutti”.

I tre progetti da finanziare. Potenziamento del presidio post Covid per poter incrementare il numero di pazienti presi in carico (al momento vengono trattati valutati circa 250 pazienti al mese, per un totale di oltre 2 mila pazienti da inizio attività; l’obiettivo è di arrivare ad almeno 500 pazienti al mese). A questa attività assistenziale è strettamente connessa tutta l’attività di ricerca sul long Covid. “A oggi abbiamo preso in carico tantissimi pazienti provenienti da tutta Italia – ricorda il professor Francesco Landi, direttore Uoc Medicina interna Ggica del Sacro Cuore, campus di Roma -. A distanza di 3 mesi dalla risoluzione della fase acuta, 3 persone su 4 presentano ancora sintomi correlati alla malattia. Il sintomo più frequente è la fatigue (59 per cento), seguito da dispnea (53 per cento), mialgie (31 per cento), dolori articolari (27 per cento), dolore toracico (23 per cento), cefalea (18 per cento. Non abbiamo uno staff medico dedicato. Finora il Dh è andato avanti con l’opera di personale medico in forza presso altri servizi e con gli specializzandi”.

Riallestimento e potenziamento del Centro malattie dell’apparato respiratorio, tra quelli maggiormente coinvolti nella risposta alla fase acuta della malattia ma anche nel post Covid, sia in termini di risorse umane e tecnologiche dedicati, che di strumentazioni per assistenza (anche in versione ‘teleassistenza’) e diagnostica. “Abbiamo pensato di strutturare un nuovo centro per le malattie respiratorie in maniera multi e trans-disciplinare – spiega il professor Luca Richeldi, direttore Uoc Pneumologia Fondazione policlinico universitario Agostino Gemelli Irccs e ordinario di Malattie dell’apparato respiratorio, Università Cattolica del Sacro Cuore -. Se è infatti vero che questo nuovo coronavirus ha una porta d’ingresso respiratoria, è anche vero che dall’apparato respiratorio il virus si diffonde al resto dell’organismo e possono esserci pazienti che insieme ai problemi respiratori hanno anche problemi gastro-intestinali, neuromuscolari o cognitivi”. “Questa struttura sarà dunque incentrata sulle patologie respiratorie, ma si avvarrà delle competenze multidisciplinari sulle quali possiamo contare al Gemelli, per prendere in carico, in maniera multidisciplinare di questi pazienti. Il nuovo Centro prenderà in carico i pazienti con esiti polmonari da long Covid, ma continuerà naturalmente ad assistere anche tutti gli altri pazienti con patologie respiratorie croniche e gravi, dall’asma bronchiale all’enfisema polmonare, dall’embolia polmonare alle fibrosi polmonari, alle bronchiectasie”, conclude.

Sostenere significativi interventi sul Laboratorio di microbiologia e virologia per far fronte alla cresciuta domanda di esami diagnostici e alla necessità di monitorare la prevalenza delle varianti e l’insorgenza di nuove. “In questo periodo siamo stati ‘catturati’ da tanti aspetti inerenti il Covid-19 – spiega il professor Maurizio Sanguinetti, direttore del Dipartimento scienze di laboratorio e infettivologiche, direttore della Uoc Microbiologia, policlinico universitario A. Gemelli Irccs, ordinario di Microbiologia all’Università Cattolica e presidente Escmid (European society of clinical Microbiology and infectious diseases) – quali la valutazione di nuovi sistemi diagnostici e del loro impatto sulla gestione di questi pazienti o la possibilità di utilizzare algoritmi diagnostici integrati, utilizzando diversi test per migliorare la gestione dei pazienti all’interno dell’ospedale o del Pronto Soccorso. La ricerca è purtroppo ‘orfana’ di fondi; al momento sono state fatte in Italia poche ‘call’ su Covid e quindi i fondi per la ricerca in questo settore specifico non sono sufficienti. Abbiamo dunque bisogno dell’aiuto di tutti e sarebbe per noi molto importante riceverlo anche dai privati cittadini”.

Fino al 27 ottobre sarà possibile sostenere i progetti della Fondazione policlinico universitario Agostino Gemelli Irccs chiamando il 45597 da rete fissa Tim, Vodafone, Wind, Tre, Fastweb, Tiscali, Twt, Convergenze e PosteMobile per donare 5 o 10 euro; attraverso l’invio di un sms al numero 45597 per donare 2 euro da cellulare (Wind, Tre, Tim, Vodafone, Iliad, PosteMobile, Coop Voce e Tiscali); on-line con carta di credito sul sito policlinicogemelli.it. “Un recente studio pubblicato su Lancet EClinMedicine ha elencato oltre 200 sintomi attribuibili a questa condizione, interessanti più di 10 organi e apparati. E sono in molti a presentare sintomi per oltre 6 mesi dalla fine della fase acuta della malattia o dalla negativizzazione del tampone. I sintomi possono scomparire, per poi ripresentarsi, anche a distanza di mesi, magari a seguito di uno stress, fisico o psicologico, anche minimo”, spiega ancora la nota.

La maggior parte delle persone con ‘long Covid’ non richiede un ricovero ospedaliero, “ma la loro qualità di vita è peggiorata, come anche la capacità di affrontare le incombenze della vita quotidiana a casa, come al lavoro, o a scuola (ad essere colpiti sono anche giovani e giovanissimi). A preoccupare è anche il numero delle persone potenzialmente interessate dal Long-Covid. Secondo una metanalisi appena pubblicata da Nature, fino all’80 per cento delle persone che hanno contratto il Covid-19 presenta uno o più sintomi a distanza di molti mesi. I più comuni sono la fatigue (58 per cento), la cefalea (44 per cento), i disturbi di concentrazione e attenzione (27 per cento), la perdita di capelli (25 per cento) e l’affanno (24 per cento)”.

“È una storia tutta da scrivere sui libri di medicina quella del long-Covid e in gran parte ancora da studiare, per poter offrire un concreto aiuto a questi pazienti che devono essere gestiti da team multidisciplinari vista la vastità del ventaglio di sintomi possibili. È fondamentale dunque raccogliere in maniera sistematica tutti i dati relativi a questi disturbi, per poter poi definire opportune misure di prevenzione e offrire un aiuto concreto, anche attraverso tecniche riabilitative specifiche e innovative. A chiederlo sono i pazienti stessi, troppo spesso etichettati come ‘malati immaginari’ e lasciati da soli a combattere contro un nemico insidioso, pervasivo, invisibile”, conclude.

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