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È AMORE INTERGENERAZIONALE? NO, È PEDOFILIA. QUANDO LE PAROLE INGANNANO

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La realtà ci viene spesso raccontata attraverso l’uso di parole neutre che ci inducono a credere come oggettivo qualcosa che invece è soggettivo, ovvero il punto di vista, i pensieri, i progetti, gli interessi o le intenzioni di chi scrive, parla o racconta attraverso i mass-media.

Un primo esempio: il Festival di Sanremo 2016 ha totalizzato il 50% di share, per cui siamo indotti a pensare quello che alcuni commentatori hanno pure sostenuto, ovvero che un italiano su due si trovava davanti allo schermo ugolante le ultime novità musicali dello Stivale. In realtà, il 50% dello share, pari a circa 10 milioni di persone, rappresenta 1/6 degli italiani non la metà, con una differenza del 300% tra fatto reale e fatto percepito. Con un elementare calcolo, ma difficile da fare quando stiamo ascoltando le notizie, capiamo che 10 milioni di persone stavano vedendo altri programmi e che 40 milioni stavano facendo cose diverse come uscire con gli amici, andare a cena o al cinema o in palestra, giocare a calcetto, recitare il rosario in Parrocchia. Quindi, 50 milioni di italiani non hanno visto il Festival di Sanremo: detta così, la cosa fa un altro effetto, ma è la stessa notizia di prima ribaltata, vera e falsa allo stesso tempo.

Un altro esempio: capita che una manifestazione, una conferenza o un incontro vengano interrotti da urlatori con lanciano i loro slogan di protesta o fanno azioni provocatorie. Chi li descrive come “manifestanti” è d’accordo con loro e contrario ai contenuti della manifestazione, mentre chi li addita come “disturbatori” è contrario all’interruzione e favorevole alla manifestazione. Per scendere nei dettagli: chi aggredisce verbalmente le “Sentinelle in piedi”, per la gran parte dei commentatori mass-mediali è un manifestante, mentre chi, per esempio, interrompesse con urla e fischietti il concerto del Primo Maggio sarebbe probabilmente un disturbatore e un violatore della libertà di espressione.

Un terzo esempio tocca invece l’attualità del dibattito politico: parlando dal solo punto di vista della comunicazione e non entrando nei contenuti, indicare l’omo-relazione come unione “civile” induce a guardare chi ha democraticamente un’idea diversa come non-civile, un incivile, insomma.

Occorre dunque prestare attenzione alle parole che sembrano neutre, ma che tali non sono, ricordando che “ne uccide più la lingua della spada”, come ha detto chi conosce bene l’essere umano. E in circolazione, di pericolose parole neutre, ce ne sono già diverse. Un esempio eclatante è rappresentato da un’espressione che si sta sdoganando in questi mesi: si tratta del binomio “amore intergenerazionale” che significa, brutalmente, “pedofilia”. Saperlo, fin d’ora, è il primo passo per neutralizzare le azioni di chi proditoriamente si nasconde dietro le parole per progetti futuri che fanno orrore al solo pensarci.

Marco Brusati

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