Religioni

DAL VATICANO LE ISTRUZIONI AI PARROCI: NO AI TARIFFARI PER LE MESSE

L’offerta data per la celebrazione delle messe e per i sacramenti “deve essere un atto libero da parte dell’offerente, lasciato alla sua coscienza e al suo senso di responsabilità ecclesiale, non un ’prezzo da pagare’ o una ’tassa da esigere’, come se si trattasse di una sorta di ’imposta sui sacramenti’”.

È quanto si legge nella Istruzione “La conversione pastorale della comunità parrocchiale al servizio della missione evangelizzatrice della Chiesa” a cura della Congregazione per il Clero. Nel documento si definisce il ruolo e la configurazione delle parrocchie.

In ogni caso “dall’offerta delle Messe deve essere assolutamente tenuta lontana anche l’apparenza di contrattazione o di commercio”, tenuto conto che “è vivamente raccomandato ai sacerdoti di celebrare la Messa per le intenzioni dei fedeli, soprattutto dei più poveri, anche senza ricevere alcuna offerta”. Occorre quindi “non dare l’impressione che la celebrazione dei sacramenti – soprattutto la Santissima Eucaristia – e le altre azioni ministeriali possano essere soggette a tariffari”. Il parroco è tenuto “a formare i fedeli, affinché ogni membro della comunità si senta responsabilmente e direttamente coinvolto nel sovvenire ai bisogni della Chiesa, attraverso le diverse forme di aiuto e di solidarietà, di cui la parrocchia necessita per svolgere, con libertà ed efficacia, il proprio servizio pastorale”.

È quindi “importante l’opera di sensibilizzazione dei fedeli, perché contribuiscano volentieri alle necessità della parrocchia, che sono ’cosa loro’ e di cui è bene che imparino spontaneamente a prendersi cura, in special modo in quei Paesi dove l’offerta della Santa Messa è ancora l’unica fonte di sostentamento per i sacerdoti e anche di risorse per l’evangelizzazione”.

Nell’Istruzione si sottolinea che la sensibilizzazione “potrà procedere tanto più efficacemente quanto più i presbiteri da parte loro offriranno esempi ’virtuosi’ nell’uso del denaro, sia con uno stile di vita sobrio e senza eccessi sul piano personale, che con una gestione dei beni parrocchiali trasparente e commisurata non su ’progetti’ del parroco o di un gruppo ristretto di persone, magari buoni, ma astratti, bensì sui reali bisogni dei fedeli, soprattutto i più poveri e bisognosi”.

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