Fatti di Roma

SCUOLA, AL GASSMAN CON IL NUOVO ANNO TORNANO IL BULLISMO E L’OMOFOBIA

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“We hate Luca” (ti odiamo Luca) con queste tre parole cariche di cattiveria e disprezzo, otto adolescenti romani, dell’Istituto magistrale Gassman, titolano la chat su whatsapp creata per Luca loro compagno di classe. Gli otto ragazzi, per Luca (nome di fantasia) coltivano odio profondo, lo denigrano, inventano storie anche di tipo sessuale che raccontano in chat. Insinuano il dubbio, on line oltre che tra i ragazzi dell’istituto e gli amici, che il ragazzo sia omosessuale. Costruiscono un piano perfetto per isolare Luca dall’ambiente scolastico e dai compagni. Una storia che ha inizio nel dicembre dello scorso anno, quando Luca scherzosamente rivolge una battuta a sfondo sessuale al compagno di classe e amico di famiglia. Quest’ultimo non la prende bene, non comprende lo scherzo, medita vendetta con rabbia e stizza. Da quel momento è un’escalation d’invettive e comportamenti offensivi contro Luca. Il ragazzo si allea con altri sette compagni con l’unico obiettivo: colpire Luca, seppur verbalmente.  Luca sopporta in silenzio, soffre e cerca da solo di superare l’emarginazione. Il rendimento scolastico è la prima cosa che ne risente.  Quando, purtroppo, scopre la chat denigratoria, si chiude in se stesso. Sconvolto, inizia a perdere fiducia in se, si sente un fallito inizia a meditare il suicidio. Arrivano giugno e la chiusura dell’anno scolastico. Luca si sente pronto a raccontare tutto ai genitori, per liberarsi di quel peso insopportabile, per confessare la sua idea di suicidio come unica via d’uscita. Questi ultimi cercano il confronto con i genitori degli otto bulli informatici, ma non sono creduti e addirittura sono minacciati. Scatta la denuncia e a quel punto la magistratura inizia il suo corso. Gli otto ragazzi rischiano di finire nel registro degli indagati con l’accusa di stalking e molestie. La scuola avvia un’indagine interna, ma presto è archiviata. Anche gli insegnanti potrebbero finire, come indagati, nell’inchiesta se emergesse la sottovalutazione del problema, poiché tutti i soprusi sono stati compiuti in orario scolastico. La storia di Luca è un mix d’ignoranza, odio, omofobia, e bullismo in cui il web fa’ da cassa di risonanza nel diffondere velocemente supposizioni artatamente create. L’accaduto è molto simile a uno dei quattro episodi del film “disconnect” che, personalmente, farei vedere a scuola sin dalle prime classi delle superiori. Il filo conduttore, del cinema e della realtà, deve riportare tutti noi adulti a riflettere, a decidere, a reagire sempre e non soltanto nel momento dello specifico episodio. Sono difficoltà che investono la comunità tutta, partendo dal primo e più importante nucleo: la famiglia. Quest’ultima non può, distrattamente, delegare soltanto la scuola a educare e insegnare. Il dialogo, l’ascolto e l’esempio dei genitori nella famiglia sono i primi e concreti modelli che i figli apprendono e mettono in pratica. Anche la scuola e gli insegnanti sono spesso impreparati a capire e risolvere questi nuovi problemi. L’aiuto e la forza deve quindi essere frutto di sinergia tra i diversi elementi per non vivere più storie come quella di Luca. Occorre saper ascoltare le inquietudini degli adolescenti e più in generale dei giovani, comprendere i loro silenzi, le loro esigenze, le loro emozioni spesso soffocate dalle incapacità di noi adulti. Agli amministratori locali, al Sindaco Marino, al Presidente della Regione Zingaretti si può chiedere uno sforzo di sensibilità nell’affrontare con decisione e fermezza questi argomenti. Creare e diffondere dibattiti nella città con il coinvolgimento di studiosi ed esperti delle problematiche giovanili, dei newmedia, del web, per rendere consapevoli giovani e adulti su tutte queste tematiche in cui spesso il confronto fra generazioni si trasforma in scontro e contraddizioni.

Alfonso Benevento

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