Angolo della Salute

SALUTE, I RICERCATORI DEL GEMELLI E DELL’UNIVERSITA’ CATTOLICA INSIEME CONTRO LA CRANIOSTENOSI

testa-bambino


I neurochirurghi pediatrici del Policlinico Universitario A. Gemelli e della Facoltà di Medicina e chirurgia dell’Università Cattolica di Roma a caccia dei difetti genetici responsabili delle ‘craniostenosi’, una delle più frequenti malformazioni craniofacciali del bambino, dovute alla fusione e chiusura prematura di una o più suture del cranio, con conseguente deformità e compressione delle strutture cerebrali. Gli esperti hanno, infatti, raccolto e studiato finora un campione di oltre 400 pazienti provenienti da tutto il territorio nazionale. È stato così possibile realizzare la più ampia biobanca di ricerca europea che raccoglie DNA, tessuti e cellule di pazienti con craniostenosi non sindromiche, ovvero non riferibili come associate a riconosciute sindromi genetiche, quindi tuttora senza causa nota.

È proprio in virtù di questa expertise che ai ricercatori della Neurochirurgia infantile dell’università Cattolica-Policlinico A. Gemelli è stato richiesto di redigere ben tre numeri monografici per la rivista “Child’s Nervous System” negli ultimi anni. Questa rivista, è una delle più prestigiose nel campo della neurochirurgia pediatrica ed è la rivista ufficiale delle più importanti società scientifiche del settore (International Society for Pediatric Neurosurgery, European Society for Pediatric Neurosurgery, Korean Society for Pediatric neurosurgery, Japanese Society for Pediatric Neurosurgery, Brazilian Society for Pediatric Neurosurgery, Chinese Society for Pediatric Neurosurgery).

Alcune nuove ricerche sulla craniostenosi (in particolare sullo sviluppo neurocognitivo dei bambini affetti da craniostenosi e sulle craniostenosi complesse) saranno presentate dal team della Cattolica in occasione dell’annuale Congresso della Società Internazionale di Neurochirurgia Pediatrica (The International Society for Pediatric Neurosurgery – ISPN 2016) che si è chiuso ieri Kobe (Giappone) http://www.ispn2016.org.

L’Unità Operativa Complessa di Neurochirurgia Infantile del Gemelli è centro di riferimento nazionale per il trattamento chirurgico delle craniostenosi e fa parte dell’European Research Network per la ricerca sulle possibili cause di questa patologia congenita (responsabile dell’UOC di Neurochirurgia infantile è il Prof. Massimo Caldarelli; coordinatore per il Gemelli presso l’European Research Network è il Dr. Gianpiero Tamburrini).

Il centro si avvale fra gli altri dell’elevata competenza professionale dell’UOC di Chirurgia Maxillo-Facciale (Responsabile: Prof. Sandro Pelo) e del Day Hospital di diagnosi e cura delle malattie rare (Responsabile: Prof. Giuseppe Zampino), oltre che dell’altrettanto consolidata collaborazione con le UOC di Otorinolaringoiatria (Responsabile: Prof. Gaetano Paludetti) e di Neuropsichiatria Infantile (Responsabile: Prof. Eugenio Mercuri).

In questo ambito dal 2010 viene portata avanti un’intensa attività di ricerca di base, finalizzata allo studio delle possibili basi genetiche delle craniostenosi non associate a riconosciute sindromi genetiche, in collaborazione con la Dr.ssa Wanda Lattanzi, ricercatrice dell’Istituto di Anatomia Umana e Biologia Cellulare dell’Università Cattolica del Sacro Cuore, e il suo gruppo. Le basi genetiche delle craniostenosi sono, infatti, note solo in parte. In particolare, le craniostenosi non associate a sindromi sono le forme più frequenti, ma proprio di queste non se ne conosce la causa.

Di qui – grazie alla consolidata sinergia tra la Neurochirurgia infantile del Gemelli  e l’Istituto di Anatomia umana della Cattolica – si è proceduto a raccogliere e studiare, finora, un campione di oltre 400 pazienti provenienti da tutta Italia creando la più ampia biobanca di ricerca europea di soggetti con craniostenosi non sindromiche.

“I risultati finora ottenuti – afferma il Dr. Gianpiero Tamburini – confermano la presenza di alterazioni molecolari anche nei bambini che non sembrano avere, in base ai parametri tradizionali, una base genetica della loro patologia. L’identificazione di questi meccanismi è e sarà la base per mettere a punto nuovi trattamenti meno invasivi da un punto di vista chirurgico, con l’obiettivo di arrivare a possibili terapie molecolari”.

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