Immigrazione

PRESENTATO IL RAPPORTO ANNUALE DEL CENTRO ASTALLI, 10 LE PERSONE ASSISTITE A ROMA

La crisi socio-economica dovuta alla pandemia sta acuendo la vulnerabilità dei rifugiati, il sistema d’accoglienza si regge ancora sulla logica dell’emergenza, e come se non bastasse la guerra in Ucraina ha fatto scomparire dai media le sofferenze dei migranti extraeuropei, gli abusi in Libia e le morti in mare. In questo contesto già complesso, si sta inoltre diffondendo una pericolosa distinzione, arbitraria e discriminatoria, fra “veri” e “falsi” rifugiati. È la drammatica fotografia della condizione dei richiedenti asilo e dei rifugiati in Italia, esposta dettagliatamente nell’ultimo rapporto annuale del Centro Astalli, presentato ieri al Teatro Argentina a Roma.

Il Rapporto, oltre a contenere un resoconto di un anno di attività del Centro Astalli, vuole essere uno strumento per capire quali sono le principali nazionalità dei rifugiati che giungono in Italia per chiedere asilo; quali le difficoltà che incontrano nel percorso per il riconoscimento della protezione e per l’accesso all’accoglienza o a percorsi di integrazione.
Attraverso testimonianze e approfondimenti si cerca di far emergere i nodi sulle migrazioni forzate in Italia: vulnerabilità, cura e inclusione sociale.
“La guerra scoppiata all’inizio del 2022, senza ombra di dubbio, farà aumentare il numero degli sfollati nel mondo, si ipotizza intorno ai 90 milioni- ha dichiarato Camillo Ripamonti, presidente Centro Astalli– A metà del 2021 si stimavano già oltre 84 milioni di persone contro le 82,4 milioni di fine 2020. Ma non possiamo scordare le tante altre crisi in corso, dallo Yemen all’Afghanistan fino al Tigray. Nel 2021 gli sbarchi sono stati 67.747, quasi il doppio rispetto ai 34.154 dell’anno precedente. Numeri che ancora una volta ha fatto gridare all’invasione. I morti o i dispersi nel Mediterraneo Centrale sono stati 1.496. Dal 2013 in tutto il “cimitero” Mediterraneo si contano 23.507 morti o dispersi secondo i dati dell’UNHCR”.
E non possiamo scordare l’altra tragedia, ha aggiunto Ripamonti, quella del confine sloveno, “che ha fatto registrare l’arrivo di circa 9.400 persone nel 2021, persone che hanno percorso la via balcanica costretti a quel gioco macabro di provare e riprovare l’ingresso in Europa”.

E dopo l’ingresso in Italia? Se il 2021 doveva essere l’anno della ripartenza, di certo non lo è stato per le categorie più fragili. “Circa 2mila persone durante l’anno si sono rivolte alla mensa- ha spiegato Ripamonti- I pasti distribuiti sono stati 46mila, nella prima metà del 2021 con modalità solo da asporto. Per quasi il 20% gli utenti si sono rivolti alla mensa per una sola volta e per il 70 % dei casi da 2 a 50 volte”.

Alla presentazione è intervenuta anche la viceministra agli Esteri, Marina Sereni, che ha parlato dell’enorme “moto di solidarietà che si sta attivando in Europa e in Italia per l’accoglienza dei profughi Ucraini, che sono già circa 4 milioni e mezzo”. “Stiamo lavorando per una risposta comune e solidale in Europa- ha aggiunto la Vice Ministra- Per la prima volta è entrata in funzione la direttiva 54 che esisteva dal 2001, e che garantisce la protezione temporanea automatica. È un fatto storico, un precedente molto importante. Scompare anche il concetto di Paese di primo approdo; i profughi arrivano in Europa, dovunque arrivano, hanno diritto alla protezione. L’Italia sta ospitando circa 90mila persone, attraverso un sistema di accoglienza diffusa molto forte. È una gara di solidarietà ammirevole, che deve essere pronta a durare nel tempo, dobbiamo coltivarla e farla sedimentare”.

Anche Sereni ha però sottolineato che questa tragica crisi umanitaria rischia di farci scordare le tante emergenze precedenti. “Per la nostra posizione geografica saremmo sempre confrontati a dinamiche migratorie complesse, all’interno di una sfida globale- ha concluso- c’è bisogno di una visione di lunga durata, basata sul contrasto dei traffici illeciti, la costruzione di alternative legali e il supporto diritto ai paesi ospitanti”.
“Occorre avere il coraggio della pace, non vi può essere pace senza una nuova giustizia- ha concluso Ripamonti citando una frase di Paolo VI- La domanda che vorrei ci accompagnasse in questa presentazione è allora questa: abbiamo avuto questo coraggio? Ciascuno di noi ha avuto questo coraggio? Dov’era il nostro coraggio quando abbiamo lasciato in Libia nei centri di detenzione migliaia di persone migranti? Dov’era questo coraggio quando abbiamo rimandato i migranti nel Paese di primo arrivo, anche dopo anni dal loro primo ingresso, non esitando neppure davanti a nuclei familiari? Dov’era questo coraggio quando alto riecheggiava, seminando odio, lo slogan: prima gli italiani?”.

Samuele Paolo Ferrara

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