Giovani e Scuola

NEL LAZIO 2 GIOVANI SU 3 CONOSCONO LA STORIA DELLE STRAGI DI MAFIA

Il 65 per cento circa dei giovani del Lazio sa chi è stato ucciso nelle stragi di Capaci e Via D’Amelio del 1992. Oltre la metà (il 60 per cento) ne ha discusso a scuola, a lezione almeno una volta, e uno su tre si informa sulle mafie sui social network (il 33 per cento) o su internet in generale (il 42 per cento). Il 46 per cento dei giovani del Lazio conosce almeno una piazza di spaccio nel comune di residenza e il 79 per cento crede che le mafie siano diffuse nel Lazio (il 38 per cento molto diffuse, il 41 per cento abbastanza diffuse). L’84 per cento crede che Casamonica, Spada, Fasciani e Di Silvio siano da considerare organizzazioni mafiose.

E’ quanto emerge dal sondaggio sulla conoscenza delle mafie a 30 anni dalle stragi di Capaci e via D’Amelio commissionato dalla regione Lazio all’Istituto di ricerca “Quorum-Numeri per vincere” e rivolto ai giovani del Lazio appartenenti alla fascia di età 16-30 anni presentato questa mattina dal presidente della regione Lazio, Nicola Zingaretti e dal presidente dell’Osservatorio per la sicurezza e la legalità della regione Lazio, Gianpiero Cioffredi. Per il sondaggio sono stati intervistati 1.010 giovani tra i 16 e i 30 anni di tutte le province del Lazio. “Un dato che mi ha colpito ed è anche una buona notizia – ha commentato Zingaretti – è che i giovani del Lazio sanno da che parte stare, conoscono vicende di 30 anni fa, ed hanno anche una certa consapevolezza della presenza delle mafie nel nostro territorio. Questo è molto importante perché la consapevolezza del crimine spinge a ispirarsi”. “Sono contento perché la regione Lazio ha investito molto sulla crescita della consapevolezza contro le mafie – ha aggiunto -.
Sosteniamo le procure, sosteniamo le forze dell’ordine. La lotta alla mafia sarà vincente se sarà sentita come una lotta di tutti e l’opinione dei giovani del Lazio, da questo punto di vista, è importante e confortante”.

“I risultati ci hanno stupito in senso positivo. E’ una generazione molto consapevole, molto responsabile. E’ cresciuta in questi anni una grande consapevolezza che per combattere la mafia non basta l’azione repressiva ma serve una reazione congiunta delle forze sociali”, ha concluso Gianpiero Cioffredi. 

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