Angolo della Salute

LONG COVID, NEI BAMBINI L’INFEZIONE PUÒ DURARE MESI

“Nei bambini, indipendentemente dalla gravità iniziale del Covid-19, il virus Sars-CoV-2 può diffondersi in tutti gli organi durante le fasi acute dell’infezione e persistere nell’organismo per settimane o mesi”. Lo dimostra “per la prima volta al mondo” uno studio sul Long Covid nei bimbi condotto dal gruppo di Danilo Buonsenso, docente di Pediatria all’università Cattolica e dirigente medico dell’Unità operativa complessa di Pediatria della Fondazione Policlinico universitario Agostino Gemelli Irccs di Roma, pubblicato su “Lancet Microbe”. Un lavoro con cui Buonsenso – giovane ricercatore indicato l’anno scorso da “Science” come uno dei tre esperti mondiali al top sul fronte Long Covid pediatrico – ha totalizzato in poche ore oltre 115mila visualizzazioni sul suo profilo Twitter.

“Abbiamo analizzato – spiega Buonsenso – le attuali conoscenze sulla persistenza di parti del virus Sars-CoV-2 nei bambini, dopo la fase acuta dell’infezione. Partendo dalle osservazioni che dimostrano come il virus possa persistere negli adulti, abbiamo effettuato una revisione della letteratura e analizzato gli studi che hanno cercato l’Rna o gli antigeni di Sars-CoV-2 nei bambini deceduti per Covid-19 o per sindrome infiammatoria sistemica, o che fossero stati sottoposti a biopsia o intervento chirurgico per vari motivi. Abbiamo condotto questa analisi perché ci sono crescenti evidenze che negli adulti la persistenza del virus in diversi organi possa essere la chiave per la comprensione e il trattamento del Long Covid”.

L’équipe ha dunque scoperto che, al di là della gravità o meno dell’infezione da coronavirus pandemico, questo può propagarsi diffusamente, resistere nell’organismo e dare segni di sé anche per mesi. “Alla luce di questi risultati – prosegue Buonsenso – in questo lavoro siamo dunque andati a riesaminare le attuali conoscenze sugli effetti biologici della persistenza virale nel corso di altre infezioni virali e abbiamo evidenziato nuovi scenari da esplorare tramite la ricerca clinica, farmacologica e di base. Ci auguriamo che lo studio che abbiamo appena pubblicato fornisca le basi per migliorare la comprensione e la gestione delle sindromi post-virali, tra le quali il Long Covid, e guidi il disegno di futuri studi volti ad analizzare queste condizioni”.

Long Covid – ricordano dal Gemelli – è un termine-ombrello che descrive la persistenza di segni e sintomi, non spiegabili altrimenti, dopo un’infezione acuta da Sars CoV-2, con un impatto negativo sul funzionamento e il benessere nella vita quotidiana.

Questa sindrome è riconosciuta anche dall’Organizzazione mondiale della sanità (Post Covid-19 Condition o Long Covid), che la definisce come la persistenza o la comparsa di nuovi sintomi – l’Oms ne elenca oltre 200 – 3 mesi dopo l’infezione iniziale da Sars CoV-2, che permangono per almeno 2 mesi senza altra spiegazione. Secondo gli studi condotti finora, il 10-20% della popolazione che ha contratto l’infezione da Sars CoV-2 potrebbe soffrire di Long Covid. Stando a una recentissima stima dell’Oms, questa condizione potrebbe ostacolare il ritorno alla vita normale di 36 milioni di cittadini europei: uno su 30 negli ultimi 3 anni.

Una sindrome, il Long Covid, che colpisce sia gli adulti sia i bambini. In questi ultimi anni sono stati pubblicati centinaia di lavori su entrambe le popolazioni e sono state individuate diverse alterazioni biologiche associate alla condizione post-Covid. Ma la patogenesi della sindrome resta materia di ricerca, non essendo stata definita con precisione. Molti studi si stanno focalizzando sulle conseguenze della persistenza del virus o di sue parti all’interno dell’organismo. Questo potrebbe essere infatti il bandolo della matassa per spiegare l’insorgenza del Long Covid. Con la nuova pubblicazione, Buonsenso e colleghi hanno dunque cercato di fare il punto della situazione.

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