Angolo della Salute

L’ARIA CONDIZIONATA FA MALE?

C’è chi non riesce a vivere senza quando arriva il caldo, c’è chi la ritiene la responsabile di malanni vari. L’aria condizionata fa davvero male? Non è semplice rispondere a questa domanda, nemmeno per gli esperti sul portale Fnomceo anti-fake news ’Dottore ma è vero che…’?, che premettono: “Il cambiamento climatico ha un impatto molto negativo sulla nostra salute a causa dello stress da calore e dell’esposizione a inquinanti. Ricorrere all’aria condizionata può essere una strategia efficace per ridurre l’esposizione al calore. Ma è una ’soluzione’ individuale che, con uno sguardo di sanità pubblica, non risolve ma complica il problema”.

“Un maggiore uso di aria condizionata – sottolineano – aumenta le emissioni di inquinanti atmosferici dalle centrali elettriche, peggiorando a sua volta la qualità dell’aria e l’impatto sulla salute umana”. Dalle ondate di calore, ricordano gli esperti, dovrebbero essere protette le persone con la salute più fragile: bambini e soprattutto adulti con problemi cardio-respiratori e anziani. Ovviamente, va assicurato un corretto funzionamento dell’impianto di condizionamento, che “dipende dallo stato dei suoi componenti. Quelli correlati all’umidità, se mal gestiti, possono essere fonti di contaminanti che causano effetti avversi sulla salute”. Al contrario, secondo gli studi ad ora disponibili, “un impianto sottoposto a corretta manutenzione e controllo può ridurre la penetrazione di inquinanti esterni all’interno delle abitazioni o degli uffici. I filtri possono contribuire anche a ridurre la presenza di pulviscolo atmosferico, polveri fini, polveri totali sospese (particolato), microbi trasportati dall’aria e spore fungine, con una diminuzione del rischio di gravità dell’asma”.

Fin qui, tutto bene. Ma, avvertono gli esperti su ’Dottore ma è vero che…?’, l’aria condizionata “consuma energia, contribuendo così a determinare livelli di inquinamento atmosferico più elevati. Pertanto, un più intenso ricorso all’aria condizionata potrebbe non migliorare in generale la salute della popolazione. La prevalenza dell’uso di aria condizionata è costantemente aumentata: erano meno del 2% le famiglie statunitensi che ne disponevano nel 1955, ed erano diventate più del 50% nel 1980”. Gli impianti “costano sempre di meno, sono sempre più pubblicizzati, le abitazioni sono costruite in maniera tale da rendere ancora più semplice l’installazione e molti edifici prevedono oggi la presenza di sistemi centralizzati”. Viviamo in un mondo con i condizionatori sempre più accesi, ma “l’impatto in termini di salute pubblica potrebbe non essere trascurabile”. In particolare, “potrebbe non essere una strategia efficace a lungo termine nelle regioni in cui le temperature continuano ad aumentare. Pensiamo ai cali di tensione e ai blackout che si verificano spesso durante i periodi di maggiore uso, che possono determinare un brusco cambiamento di clima, rischioso per le persone più fragili”. Non solo. “Poiché l’onere economico di installare un sistema di raffreddamento è sulla singola famiglia, la scelta tra installare o meno un impianto di aria condizionata sta esacerbando le disuguaglianze di salute tra segmenti più ricchi e più poveri della società”, si rileva.

Per ovviare a questi effetti negativi a lungo termine, si potrebbero adottare alcune “soluzioni ’individuali’, che comprendono possibili cambiamenti nelle abitudini di vita, l’allestimento di spazi condominiali condivisi, modifiche anche parziali degli orari di lavoro e così via. In alcune nazioni, le autorità cittadine hanno affrontato il problema dello sviluppo dello spazio urbano per limitare l’aumento del calore urbano”. Per gli esperti, però, “lasciare la responsabilità della gestione del calore al singolo cittadino o alla famiglia è ingeneroso e, probabilmente, anche miope. Le istituzioni dovrebbero assumere un ruolo guida e allo stesso tempo incentivare e premiare comportamenti sensibili ai problemi legati al clima. Beninteso: le scelte individuali contano, ma la comunità può svolgere un ruolo importante nel processo di cambiamento degli atteggiamenti e dei comportamenti dei cittadini”.

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