Angolo della Salute

IN ITALIA 30MILA BAMBINI HANNO BISOGNO DI CURE PALLIATIVE

Le cure palliative pediatriche in Italia fanno ancora fatica a trovare spazio. “Nel nostro Paese circa 30 mila bambini sono eleggibili alle cure palliative pediatriche. Purtroppo, meno del 5% può accedere a queste cure. C’è una legge che dice che è un diritto, ma come società e come professionisti siamo ancora restii e diamo alla medicina un valore salvifico che per questi bambini non basta”. A parlare è Franca Benini, del Centro regionale veneto di Terapia del dolore e Cure palliative pediatriche, nel suo intervento oggi al Meeting di Rimi per l’incontro ’Davanti al mistero del dolore innocente: non una spiegazione, ma una presenza’.

“Nel mondo, secondo i dati dell’Oms – riferisce Benini – sono 21 milioni i bambini con patologie inguaribili ad alta complessità assistenziale”. La definizione, sempre dell’Organizzazione mondiale della sanità, di cure palliative pediatriche rimarca il fatto che “non sono solo le cure dei bambini morenti”, ma includono “l’attiva presa in carico globale del corpo, della mente e dello spirito del bambino e della sua famiglia nell’ottica della qualità delle vita”.

Questo tipo di assistenza “inizia al momento della diagnosi – precisa la specialista – e continua indipendentemente dal fatto che prosegua o meno la terapia curativa. Ma siamo ancora indietro anche per un problema culturare della professione: un medico su 4 esce dall’università senza aver mai sentito parlare di cure palliative. C’è quindi ancora molta strada da fare”.

“Il dolore è un problema che non ha pregiudizi e confini – ricorda Benini, una delle massime esperte del settore e pioniera in Italia delle cure palliative – E’ difficile guardare in faccia un bambino che soffre. Hanno malattie inguaribili, pochi giorni o mesi di vita. Ma questo tipo di assistenza funziona, le famiglie tornano a recuperare il loro ruolo, c’è attenzione per la cura della vita a cui viene dato un valore inestimabile. Queste famiglie possono vivere a casa loro, i bambini vanno meno in Terapia intensiva e la qualità della vita è declinata a livello individuale”.

“Le cure palliative dell’adulto – ricorda Bernini – risalgono nel 1967 con il primo hospice a Londra grazie al lavoro di Cicely Saunder, prima infermiera e poi medico. Il concetto di cure palliative nel mondo ormai sta diventando una cosa riconosciuta e anche l’Italia è arrivata a un livello di approccio positivo con diversi centri in Italia, molti però non riconosciuti dalle istituzioni. Ci sono tuttavia delle questioni etiche ancora aperte. Se abbiamo di fronte a noi un bambino e dobbiamo affrontare la morte e l’inguaribilità, cosa possiamo fare? Il percorso diventa confuso – osserva l’esperta – Quando si parla di dolore e sofferenza, il bambino sembra sparire come se per qualche strana magia lui fosse preservato da questi problemi. Ma non è così”.

“E’ vero – prosegue – la tecnologia ha portato a una caduta della mortalità di 100 volte negli ultimi 100 anni, un risultato meraviglioso. Molti bambini riescono a vivere, ma in una situazione di sofferenza e inguaribilità, perché sono casi complicati con insufficienza di organi o gravi problemi neurologici. Bambini con morte immanente, una situazione che ci mette in crisi. Ma le cure palliative pediatriche si occupano proprio di questo e dobbiamo fare di più per permettere alle famiglie di poter scegliere questo tipo di assistenza”.

L’incontro ha visto anche gli interventi di Chiara Locatelli, neonatologa del Policlinico Sant’Orsola (Bologna) e fondatrice del percorso ’Giacomo’, e le testimonianze di diverse mamme che hanno scelto le cure palliative pediatriche.

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