Fatti di Roma

IL MEGLIO IN EDICOLA DI VENERDI’ 20 MARZO 2015

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Messaggero

Mafia a Ostia, pronta la super-giunta (Simone Canettieri)

Una nuova giunta, quasi interamente composta da esterni. E con nomi di peso del Pd nazionale. Con una consuetudine mutuata dal Campidoglio: anche nel municipio di Ostia ci sarà un assessore alla Legalità, modello Alfonso Sabella, l’ex pm che ora siede nella giunta Marino e che non a caso è stato nominato commissario per il litorale proprio dal sindaco. Sabella ha intenzione di indicare l’avvocato Caliendo (solo omonimo dell’ormai ex assessore) che passerà ai raggi ics tutte le carte degli appalti. Il giorno dopo le dimissioni del mini-sindaco Andrea Tassone è scattato il piano del Campidoglio e del Nazareno per «salvare Ostia stritolata dalla mafia».

La strada è ancora in salita. Per molti il terremoto politico è solo l’anticipo di quello giudiziario. Il presidente del X municipio – che ieri ha protocollato le proprie dimissioni – durante il consiglio municipale ha spiegato: «Mi sono dimesso perché fino ad oggi non avevo strumenti necessari per portare avanti l’amministrazione. Nel 2011 si andava dal direttore dell’ufficio tecnico a dire “quella è la spiaggia di quello che abbiamo ammazzato due anni fa e ce la devi dare” e all’epoca c’era un delegato al litorale». L’idea di Tassone, coinvolto nell’inchiesta sui chioschi, è di ritornare in sella entro i venti giorni canonici con una squadra interamente, o quasi, nuova.

In queste ore continuano i colloqui di Matteo Orfini e del senatore Stefano Esposito, commissario del partito nel litorale. Si sondano «personalità importanti del partito romano e nazionale». Nessuno ha ancora detto di sì. Livia Turco, ex ministro, ha bisogno di 24 ore per sciogliere la riserva: a lei dovrebbe andare la delega al Sociale. Anche il nome di Massimo Brutti – già sottosegretario nei governi Prodi, D’Alema e Amato – è girato in queste ore. Ma il docente universitario ammette: «Non sono ancora stato contattato, prima devo capire bene cosa dovrei fare». Sondaggi in corso per avere la disponibilità del deputato Roberto Morassut e dell’ex assessore al commercio di Ostia Franco Cioffarelli. Sabella intanto è già al lavoro.

 

Repubblica

Povertà, l’allarme della Caritas “Il 2014 l’anno più duro” Tutti i numeri dell’accoglienza (Anna Rita Cillis)

La crisi a Roma non sembra allontanarsi. Lo dice chiaramente monsignor Enrico Feroci, direttore della Caritas diocesana, l’organismo pastorale fondato da don Luigi Di Liegro: «C’è un malessere profondo e costante e purtroppo noi lo tocchiamo con mano tutti i giorni: dal nostro osservatorio non si vede alcuna ripresa ». E a rafforzare le sue parole c’è anche il dossier “Caritas in cifre”. Numeri riferiti al 2014 che si trasformano in una cartina di tornasole della nuova povertà nella Capitale. E che rivelano come siano aumentati il numero dei pasti offerti dalle mense (348mila per oltre 11mila persone) e le prestazioni sanitarie del poliambulatorio sociale: oltre 15mila, e più di 2500 i pazienti visitati per la prima volta. Un’attività ampia di aiuto ai più bisognosi che si dispiega in una città ancora duramente colpita.
Oltre 348mila i pasti distribuiti, 186mila i pernottamenti offerti, 15mila le prestazioni sanitarie erogate e 10mila visite domiciliari fatte a famiglie e anziani. È la fotografia dell’attività svolta dalle parrocchie romane. Feroci precisa: «Nei nostri empori della solidarietà, ogni mese centinaia di famiglie vengono a prendere generi alimentari. Ma abbiamo la sensazione che sia una povertà nascosta, che non si vede ma si tocca solo nei nostri centri». E i numeri gli danno ragione: 1.329 le famiglie (4.413 i componenti totali) che si sono rivolte ai tre empori della solidarietà per rifornirsi di beni primari, +16% rispetto al 2013.
Negli ultimi mesi i centri di ascolto diocesani sono stati ripetutamente «contattati da assistenti sociali di strutture ospedaliere per essere supportati nelle dimissioni di pazienti senza fissa dimora ricoverati», spiegano dalla Caritas: per lo più si tratta di malati oncologici che una volta usciti dalle strutture sanitarie si ritrovano a vivere di nuovo in strada. Un fenomeno, purtroppo, in crescita. Un dato, ma questa volta positivo, è l’aumento «significativo», dice Feroci «del numero dei
volontari stranieri, circa il 13 per cento» su un totale di 1800.
L’occasione per presentare i numeri del 2014 la offre l’annuncio della Settimana della carità che si aprirà domenica 22 e si chiuderà il 29: una serie di iniziative «di animazione sociale e preghiera per venire incontro ai bisogni di chi è in difficoltà», racconta il cardinale Agostino Vallini. E tra le iniziative più importanti spicca la colletta a favore delle famiglie cristiane che vivono in Iraq: «Per seimila di loro la chiesa di Roma assicurerà una Pasqua di solidarietà».
Tra le novità presentate ieri anche due progetti sui quali la diocesi di Roma sta lavorando in vista del Giubileo straordinario. Il primo, che sarà presentato a ottobre, «ha l’obiettivo di sostenere le famiglie che si trovano in momentanea difficoltà per pagare le rate del mutuo o l’iscrizione all’università dei figli o le spese improvvise », spiegano dalla Caritas.
Tempo

Cosa nostra, camorra e mafie A Roma c’è posto per tutti (Vincenzo Imperitura)

Cosa nostra, camorra, ‘ndrangheta e mafie autoctone: al gran bazar della Capitale hanno trovato posto tutte le consorterie del crimine organizzato che, probabilmente, hanno recepito meglio di tutti il grido d’allarme della Dna che, appena una manciata di anni fa, annotava amaramente che «a Roma c’è posto per tutti». E così, negli anni, quella che era rimasta una colonizzazione «marginale» rispetto alle regioni del profondo nord, ha preso sempre più piede fino a ritagliarsi, quasi quotidianamente, uno spazio di tutto rilievo: sia sul versante prettamente criminale, sia su quello dell’inquinamento dell’economia sana della città. Un fenomeno in costante crescita e che riguarda tutto il Lazio, anche se la parte del leone la recita la Capitale.

Secondo il rapporto dell’Osservatorio per la sicurezza e la legalità – presentato ieri mattina alla presenza del governatore della Regione Zingaretti e del procuratore aggiunto Michele Prestipino – nel solo territorio della Capitale sono 88 i clan che hanno messo radici. Un numero da brividi se paragonato alle statistiche del 2008 che fissavano in 60 le organizzazioni criminali operanti. In questa Babele la voce grossa è quella della ‘ndrangheta con 35 famiglie pienamente operative; segue a stretto giro il crimine campano che registra 29 clan attivi su Roma e quello legato a Cosa Nostra che avrebbe 16 «famiglie» stabilmente operative. E poi rigurgiti di Sacra Corona unita. Capitolo a parte invece quello relativo alle mafie nate, cresciute, e prosperate all’ombra delle mura Aureliane. Sarebbero infatti almeno 6 le organizzazioni mafiose autoctone: a partire dai Casamonica – il clan di nomadi attivo nel traffico di stupefacenti e nelle estorsioni – fino ai Fasciani (padroni assoluti del litorale di Ostia e condannati, in primo grado, a oltre duecento anni di reclusione in seguito all’operazione «nuova alba» – e al gruppo del «cecato» Massimo Carminati, a capo di una organizzazione ramificata e potentissima che era in grado di muoversi sia nell’ambiente criminale, sia in quello delle stanze del potere capitolino.

Estorsioni, appalti, usura, intestazioni fittizie per riciclare denaro: le mafie attive a Roma utilizzano i canali consueti al crimine organizzato per far girare il denaro (e il potere) ma il settore più redditizio resta quello del traffico di stupefacenti. Roma risulta essere tra le prime città in Europa per consumo di cocaina: un business milionario su cui le mafie hanno messo radici, stringendo accordi anche con organizzazioni straniere – albanesi principalmente, che si occupano del lavoro di manovalanza e di importazione della merce – e con i nuovi poveri della città, convinti con pochi spiccioli a diventare «custodi» temporanei della merce. Secondo il rapporto presentato ieri, «tra il 2012 e il 2014 sono 8.586» gli individui finiti sotto inchiesta per reati che riguardano le droghe. Un numero abnorme che fa il paio con gli oltre 800 finiti nella rete dell’antimafia per associazione mafiosa.

Ammonta a oltre un miliardo di euro il valore di beni posto sotto sequestro dalle forze dell’ordine nel 2014. Un emorragia di denaro che ha visto sigilli a 849 beni immobili, 593 beni mobili e 339 aziende. Numeri che pongono Roma al terzo posto nella classifica dei sequestri. La situazione «migliora» se i dati presi a confronto sono quelli che riguardano il Lazio che, rispetto alla roccaforti del crimine organizzato per quanto riguarda i sequestri, si pone al sesto posto su scala nazionale. Senza dimenticare le quasi 10 mila segnalazioni di operazioni bancarie sospette che mettono il Lazio sul secondo gradino, appena un passo dietro la Lombardia.

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