Fatti di Roma

IL LAZIO VERSO LA “FASE 2”: TEST SIEROLOGICI, SMART WORKING E DISTANZIAMENTO SOCIALE

Trecentomila test sierologici per forze dell’ordine e personale sanitario, in maniera da poter valutare la circolazione del virus nel Lazio, smart working diffuso nella pubblica amministrazione, pannelli divisori negli uffici che hanno contatto con il pubblico, distanziamento sociale, mascherine soprattutto nei luoghi chiusi, norme puntuali per una riapertura progressiva delle attività produttive, vaccino anti-influenzale obbligatorio per gli over 65.

Questo il quadro disegnato dall’assessore alla Sanità della Regione Lazio, Alessio D’Amato, nel corso dell’audizione in video conferenza nella commissione regionale, presieduta da Giuseppe Simeone, per quanto riguarda la programmazione della “fase 2” nel Lazio, una volta superata la fase più acuta dell’emergenza. “Siamo in attesa di avere un’indicazione tecnica uniforme a livello nazionale, per quanto riguarda i test sierologici – ha spiegato D’Amato – se il Comitato tecnico scientifico non provvederà entro stasera, domani pubblicheremo comunque la nostra gara per acquisire i test. Si tratta di prelievi venosi, che abbiamo sperimentato a Nerola, Contigliano e a Tor Vergata, hanno un elevato livello di attendibilità e accertano la presenza o meno degli anticorpi. A noi serve per capire quanto il virus abbia circolato nel Lazio, rispetto ai casi positivi già accertati. Nella sperimentazione il risultato è stato molto basso, poco più del’1 per cento, vedremo se lo studio confermerà o meno questo dato”. Riguardo al reperimento dei reagenti per i test Covid, “si tratta – ha detto D’Amato – di un tema importante, nazionale e sovranazionale. Abbiamo attivato i nostri canali, finanche le facoltà di Chimica, sia nelle università di Roma che in altre del Lazio, che si sono rese disponibili a lavorare a protocolli per favorire la produzione di reagenti. È una produzione non illimitata, rischia di mettere in difficoltà i passaggi successivi”.

L’assessore D’Amato ha anche svolto una relazione sullo stato della rete ospedaliera nelle province del Lazio spiegando che, se continuerà la discesa nella curva dei contagi, già a partire da maggio si potrà procedere con una rimodulazione delle strutture, lasciando in attività i presidi esclusivamente dedicati al Covid-19 e la rete per le malattie infettive, mentre il resto degli ospedali potranno tornare all’attività normale. “Stasera – ha proseguito D’Amato – scade il termine per l’adesione dei medici alle Unità per l’assistenza domiciliare (Uscar). Al momento sono circa 900 le domande arrivate. Si tratta di un elemento essenziale, insieme alle cosiddette Api, (infermieri), per l’assistenza a chi è in isolamento domiciliare e per accelerare la nostra capacità di effettuare i tamponi a chi ne ha bisogno”. Inoltre l’assessore ha toccato i tema dei controlli nelle Rsa e nelle case di riposto: “Abbiamo effettuato 335 ispezioni in tutto il Lazio, sono molte le carenze rilevate: quando avremo superato l’emergenza bisognerà ripensare tutto il sistema – ha spiegato D’Amato. In particolare vorrei ricordare l’accertamento sulla Rsa di Rocca di Papa dove ci sono stati numerosi positivi ha permesso di appurare che non solo non erano state rispettate le disposizioni inviate a tutte le strutture già a gennaio ma che, addirittura, il direttore sanitario non aveva i titoli necessari. Tutta la vicenda è stata già portata all’attenzione della Procura”.

Durante la seduta odierna, in video conferenza, della commissione regionale Sanità, numerosi sono stati gli interventi dei consiglieri della Pisana. Il presidente Simeone ha ripetuto la richiesta di una maggiore condivisione con la commissione delle strategie adottate dalla Giunta. Stessa richiesta da parte di Davide Barillari e Francesca De Vito (M5s), che hanno parlato di disorganizzazione e confusione nel sistema sanitario. Mentre Loreto Marcelli, anche lui M5s, ha chiesto informazioni sul protocollo inviato alle Rsa per i nuovi pazienti. Il consigliere di Fd’I Antonio Aurigemma, invece, ha chiesto di accelerare la costituzione delle Uscar: “I tempi per i tamponi sono troppo lenti”. Un dato rilevato anche da Roberta Lombardi (M5s). Inoltre, Silvia Blasi (M5s) ha posto una serie di domande su casi specifici che riguardano le strutture di assistenza del viterbese. Nel mirino dei consiglieri anche la scarsità dei dispositivi di protezione (Dpi) per i medici. Su questo sono intervenute le consigliere del M5s Gaia Pernarella e De Vito, mentre Chiara Colosimo della Lega ha chiesto di rifornire di Dpi anche le strutture “ex articolo 26”, come il centro di via Ramazzini: “Luoghi a rischio, con pazienti molto fragili”. Secondo Stefano Parisi (Lazio 2018) va “rafforzata la rete territoriale e bisogna aumentare il numero dei tamponi se non vogliamo arrivare al 4 maggio completamente al buio”. Massimiliano Maselli (Fd’I), infine, ha puntato sulla “necessità di continuare i controlli nelle Rsa e in tutte le strutture simili”.

L’assessore D’Amato, nella replica ha ribadito che “il Lazio è una delle Regioni in cui il virus ha il più basso tasso di letalità e una di quelle che ha fatto più tamponi: in tutto sono più di 75 mila, di cui il 93 per cento negativi. Le strutture ospedaliere hanno risposto in maniera soddisfacente all’emergenza che siamo riusciti ad arginare. Non ci sarà a maggio il giorno dello ‘sciogliete le righe’ ma una progressione, perché finché non ci sarà il vaccino non si può parlare di ordinarietà, ma solo di convivenza col virus”. In merito al tema Dpi, l’assessore ha precisato che “abbiamo approvvigionamenti sufficienti, se si eccettua una difficoltà sulle tute impermeabili: il carico dovrebbe arrivare domani. Ora guardiamo a una riapertura graduale e prudente, nell’ambito delle misure che stabilirà il governo nazionale”. Infine, per quanto riguarda la questione dei test sierologici somministrati dai privati, l’assessore D’Amato ha ribadito: “sono contento che altri, anche all’opposizione, condividano che non si può fare business sull’epidemia: se i costi e le tariffe sono chiari non c’è preclusione nei confronti dei privati. Ma se uno pensa di fare un test chiedendo 100, 150 euro per una cosa che ne costa 4 o 5, allora siamo su mondi inconciliabili, perché stiamo parlando di speculazione, quindi – ha concluso D’Amato – non c’è possibilità alcuna di scenari collaborativi”.

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