Fatti di Roma

GRANDE COMMOZIONE PER L’ULTIMO SALUTO A PIERO TERRACINA

 

Commozione e dolore per l’ultimo saluto a Piero Terracina, 91enne, tra gli ultimi sopravvissuti alla Shoah e deceduto ieri a Roma. Il corteo funebre è partito poco dopo le 13:30 dal Portico d’Ottavia nel cuore del quartiere ebraico di Roma. Lì per l’ultimo saluto erano presenti anche le autorità locali: la presidente della comunità ebraica di Roma Ruth Dureghello, il presidente della Regione Lazio Nicola Zingaretti, il prefetto di Roma Gerarda Pantalone, la sindaca di Roma Virginia Raggi, il vicesindaco Luca Bergamo, la presidente del I municipio di Roma Sabrina Alfonsi. “Non bisogna solo salutare Piero oggi. Da oggi inizia il tempo della coerenza con quello che Piero ha rappresentato – ha detto Zingaretti – C’è un uomo che non ha mai smesso di raccontare, lottare e sognare. Un uomo molto rigoroso e molto attivo, infastidito dalle ambiguità e dai silenzi che di questi tempi tornano quando i mostri dell’antisemitismo e dell’odio rialzano la testa. Oggi siamo chiamati tutti alla coerenza affinché la sua vita venga onorata. Da parte nostra faremo di tutto per essere degni di quest’uomo straordinario, dal carattere schietto che viveva senza mai fare sconti a nessuno e pretendendo quindi da tutti una grande coerenza”. Per Dureghello “Piero è stato un grande uomo, un ebreo, un romano che ha subito la persecuzione e il dolore del campo di sterminio. Quando è tornato ha deciso di raccontare quella terribile esperienza e oggi lascia in tutti noi un vuoto che dovremo colmare ricordando la sua testimonianza di fronte a chi vuole ancora trasmettere odio, divisione e discriminazioni”. Il feretro ha silenziosamente sfilato lungo le vie del quartiere ebraico nei pressi del Tempio Maggiore e poi ha raggiunto il cimitero israelitico al Verano dove si è svolta la cerimonia e la sepoltura.

A prendere la parola al cimitero del Verano anche Sami Modiano, a sua volta tra gli ultimi sopravvissuti alla Shoah, che in lacrime ha raccontato: “Siamo stati entrambi portati in quell’inferno. Avevamo la stessa storia ma non ci conoscevamo. Il caso ha voluto che sia però stata la persona che dopo, quando ci siamo conosciuti da adulti, mi ha dato lo stimolo e la forza che mi era mancata prima per testimoniare. Ci sono stati momenti in cui lui era stato deluso e io l’ho incoraggiato, e viceversa. È così che è nata una fratellanza più che un’amicizia. Lui mi ha dato la spinta per continuare nella testimonianza. Mi ha detto ‘Sami devi parlare, hanno bisogno di noi’ e io lí a Birkenau gli ho promesso che andrò avanti e lo farò fino a quando potrò”. Terracina fu arrestato insieme alla sua famiglia il 7 aprile 1944 a Roma, quando aveva 15 anni. Dopo una breve permanenza nel carcere di Regina Coeli, fu trasferito ad Auschwitz, in Polonia, dove morirono gli altri sette membri della sua famiglia. Ex dirigente d’azienda italiano, ultimo dei quattro figli di Giovanni Terracina e Lidia Ascoli, a partire dagli anni ottanta, ha svolto un’attività di testimonianza, affinché tali e simili orrori non si ripetano, partecipando a incontri in scuole, associazioni, università, con instancabile dedizione e grande generosità.

Un aneddoto su di lui è stato raccontato durante la cerimonia al Verano dal rabbino capo della comunità ebraica di Roma Riccardo Di Segni: “Alcuni anni fa mi sono trovato nell’edificio Valdese a Piazza Cavour per un concerto strumentale di musica ebraica. C’era un vasto pubblico e membri della comunità ebraica. Alla fine è partito l’inno alla speranza dello Stato di Israele e in fondo alla sala una persona si è alzata in piedi. Quella persona era Piero e ha fatto alzare tutti quanti. È in questa maniera che lui ha testimoniato, sia per il presente che per il futuro. Vorrei che fosse ricordato come il testimone che ha portato la memoria ma anche come una persona che ha creduto nella speranza”. Di Segni poi ha annunciato che sarà istituito “un premio alla sua memoria che sarà dato a un bambino e a una bambina che sarà in grado di dimostrare la sua migliore preparazione in occasione del Bar Mitzvah”. Infatti Terracina “è appartenuto a una generazione che non ha potuto celebrare il Bar Mitzvah”, ha concluso Di Segni.

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