Fatti di Roma

BAMBINO GESU’: IL VALORE TERAPEUTICO DEL GIOCO NELLA CURA DEI PICCOLI PAZIENTI

Bimbino Gesù


Anche in un reparto di terapia intensiva ci può essere spazio per il gioco ed il sorriso. Dalle situazioni più lievi fino a quelle più complesse e delicate, l’attività ludica ricopre un ruolo fondamentale nella “cura” dei bambini in una struttura ospedaliera. Se ne parlerà al corso “Quello che i bambini non dicono”, incentrato sul valore terapeutico del gioco nella cura del bambino, che si terrà il 1 dicembre dalle 9 alle 14 presso l’Ospedale Pediatrico Bambino Gesù (Aula Salviati – Piazza Sant’Onofrio, 4 Roma).

«Il gioco – dichiara Carla Carlevaris, psicologa e responsabile della Ludoteca dell’Ospedale della Santa Sede – è il linguaggio utilizzato dal bambino per assimilare esperienze, esprimersi e trovare le soluzioni ai problemi». Al Bambino Gesù, nelle sedi del Gianicolo, di Palidoro e di Santa Marinella sono istituiti spazi attrezzati per il gioco libero e ludoteche, che ogni anno accolgono 22mila tra bambini e adolescenti ricoverati nei diversi reparti.

Il corso ha un duplice obiettivo. Da una parte si rivolge a operatori sanitari (tra cui medici e infermieri) che vogliono migliorare la comunicazione con il piccolo paziente attraverso l’elemento ludico; dall’altra avvicina tutti coloro che lavorano in ambito sanitario alle nuove professioni dedicate alla cura psicosociale del bambino, come ad esempio l’Educatore Professionale.

Tra gli argomenti in programma, il gioco e lo sviluppo cognitivo del bambino, il linguaggio non verbale e arte terapia nell’elaborazione del trauma, il Child Life Specialist: l’esperienza nordamericana, giocare è una cosa seria (ruolo delle professioni sanitarie nello sviluppo psicosociale del bambino), l’educatore professionale in Ospedale: una figura in continuo sviluppo’ e il tema dell’infermiere pediatrico: un interlocutore privilegiato. Seguiranno laboratori esperienziali e interventi delle assistenti ludiche ed educatrici delle Ludoteche del Bambino Gesù.

«Per il bambino – conclude la dottoressa Carla Carlevaris – l’impatto con la malattia e con l’ospedalizzazione può costituire un momento di forte stress e legarsi a un senso di impotenza e di perdita: della sicurezza, della progettualità, della fiducia o delle abitudini. L’esperienza viene immagazzinata nella memoria, ma è difficile e a volte impossibile contattarla attraverso il linguaggio verbale. Attività ludiche ed espressive specifiche nel contesto di una relazione di fiducia costituiscono il canale privilegiato per prevenire ed elaborare potenziali danni e trasformare l’esperienza in un momento di crescita».

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