Angolo della Salute

ALLO SPALLANZANI ARRIVA IL TEATRO D’AUTORE CON CAMUS

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Un singolare viaggio nel tempo all’interno dell’Inmi “Lazzaro Spallanzani”, supportato da elementi sonori, teatrali, artistici, nell’ambito di un progetto multidisciplinare patrocinato dall’Istituto e tratto dal romanzo La Peste di Albert Camus. La performance, coordinata e diretta da Marcello Cava, e interpretata da Paolo Bonacelli, verrà realizzata martedì 20 giugno alle 21.30, nella notte che precede il Solstizio d’Estate. Il testo-pretesto prenderà il via dall’ingresso principale dello Spallanzani in via Portuense e lo spettatore verrà guidato lungo il percorso attraverso apposite cuffie audio. Una sorta di via crucis laica, durante la quale accanto alla voce di Bonacelli i visitatori troveranno le istallazioni sonore di Olbos e artistiche di Umberto Ippoliti, e incontreranno sul loro tragitto altri attori, musicisti e performer quali Nicola D’Eramo, Pietro Faiella, Domenico Sacco, Luca Di Capua, Antonio Perretta, Lavinia Corradini, Flavio Capuzzo Dolcetta, Margherita Arioli, Anna Dall’Olio, Letizia Russo e Susanna Garcia Rubi, con il suono del suo violoncello.
Si tratta di uno degli eventi messi in essere nell’ambito delle celebrazioni degli 80 anni dell’Istituto, a sottolineare il fatto che l’Inmi non è solo un luogo di cura ma anche di socializzazione, aperto alla cultura e al territorio. La Peste è un romanzo di Albert Camus del 1947. Appena pubblicata, l’opera riscosse un grande successo, ottenendo il Prix de la Critique, e rientra nella produzione di Camus definita “ciclo dell’assurdo”. Orano, cittadina della costa algerina, fa da scenario agli eventi del romanzo, raccontati dal dottor Rieux. Abitanti normali, uomini qualunque, che nell’incubo della pestilenza moriranno o continueranno a vivere come hanno sempre fatto, o, ancora cercheranno di organizzarsi per reagire e contrastare la malattia, in una lotta resistente e responsabile. Il tempo metafisico e sospeso del romanzo è il tempo reale della durata dell’epidemia, dalla primavera alla fine dell’inverno. Un tempo, dunque prigioniero dell’uomo, in una città in cui, a pericolo conclamato, verranno chiusi tutti gli accessi e dove gli abitanti cominceranno a vivere in un incubo di solitudine, isolati dal male, privati della libertà.

 

 

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