COVID 19 E LAVORATORI CON DISABILITÀ: IL REPORT DELLA FISH
È stato presentato oggi durante il Digital talk di JobLab l’ instant report realizzato dalla Federazione Italiana per il Supera mento dell’Handicap in collaborazione con l’IREF: l’impatto del Covid-19 sui lavoratori con disabilità: esperienze, comportamenti e strategie durante la Fase 1.
Con il lockdown sono radicalmente cambiate le modalità di lavoro: milioni di italiani hanno scoperto lo smart working, altri hanno lavorato in presenza con nuove norme di prevenzione. Altri hanno sospeso ogni attività. Giornali e TV hanno parlato molto di come il lockdown abbia cambiato il lavoro, dimenticando però di approfondire l’impatto dell’emergenza COVID sui lavoratori con disabilità. L’indagine di F ISH/IREF tenta di colmare questa lacuna.
La ricerca riguarda tutti i lavoratori con disabilità o con esiti di patologie oncologiche o immunodepressioni, cioè condizioni potenzialmente a rischio. E’ parso indispensabile raccoglierne le opinioni, le strategie, le difficoltà. L’indagine ha coinvolto 500 persone intervistate nella settimana dall’11 al 18 maggio 2020.
Anche per i lavoratori con disabilità il lockdown è stato un periodo complesso. Alcune aziende sono rimaste aperte, altre hanno attivato il lavoro agile, quasi tutte hanno fatto ricorso agli ammortizzatori sociali.
Solo una person a con disabilità su tre ha avuto accesso al cosiddetto lavoro agile (34,3%), più di un quinto degli intervistati ha invece cont inuato a lavorare in presenza. La scelta del lavoro agile ha prevalso in se ttori economici specifici come i servizi (quasi 36%) e nel comparto pubblic o (istruzione, sanità e pubblica amministrazione – 38%), setto re nel quale opera buona parte degli occupati con disabilità intervi stati. Le aziende/amministrazioni più orientate ad attivare questa m odalità di lavoro sono state quelle con più di 15 dipendenti.
I lavoratori che durante la “Fase 1” hanno continuato a recarsi in sede, hanno riportato problemi sull’effettiva capacità delle aziende di assicurare adeguate misure preventive: In particolare, circa un lav oratore su due ha riferito di aver ricevuto materiali di protezione individuale e di aver avuto indicazioni rispetto all’adozione delle dovute d istanze interpersonali. Meno frequente l’areazione e sanificazione de i locali e la rilevazione della temperatura. Circa un lavoratore su cinque invece non ha mai ricevuto guanti, mentre uno su due riporta la mancata adozione dei controlli della temperatura in entrata nella sede.
I dipendenti delle aziende che non hanno attivato il lavoro agile si sono trovati quindi di fronte a una scelta: continuare a lavorare o usare permessi, giorni di malattia o altre soluzioni? Quasi un terzo (32,5%) degli occupati con disabilità ha smesso di lavorare, nonostante l’azienda avesse attivato lo smart working. Ciò ha riguardato soprattutto chi era attivo in aziende dove era prevista comunque una parte di lavoro in presenza . Per quasi un lavoratore con disabilità su due (45,5%) &egr ave; arrivata anche la cassa integrazione nelle sue varie forme. M a per compensare l’impatto della pandemia si è ricorso anche a strumenti di flessibilità come congedi, permessi e altro: una strategia scelta da oltre il 70% degli intervistati (nel pubblico impiego, la percentuale sale al 76,8%). Tra chi non ha lavorato, nonostante l’azienda avesse attivato il lavoro agile, il ricorso ai congedi è stato dell’84,6%. Tale percentuale varia a seconda del tipo di limitazione de l lavoratore. Si va da un minimo del 76,3% per le persone con una disabilità sensoriale, cognitiva o psichiatrica ad un massimo del 90,6% delle persone con limitazioni multiple. Il dato relativo ai lavoratori con esiti da malattia oncologica è pari all’86,7%. Tra coloro che dichiarano un solo tipo di limitazione ha prevalso il ricorso ai permessi lavorativi (40%) Tra coloro che, invece, dichiarano limitazioni plurime si evidenzia un uso molto più marcato dell’assenza equiparata a ricovero ospedaliero (39,5%) e della malattia (48,1%), con valori doppi rispetto alle persone con una singola forma di disabilità. Il ricorso alle assenze equiparate a ricovero e alla malattia è molto più alto f a i lavoratori con esiti da malattie oncologiche e immunodepressioni (rispettivamente 41,2% e 30,6%).
Per i lavoratori con disabilità con un profilo di salute più a rischio la pandemia h a comportato un marcato distacco dal lavoro. L’indagine non permette di approfondire se si sia trattato di una libera scelta o di una sollecitazione aziendale. Potrebbe aver prevalso la paura per le occasioni di contagi o, tuttavia c’è da notare che lo scarso ricorso allo smart working potrebbe pregiudicare il reintegro completo nei ranghi aziendali di questi lavoratori.
Nell’accesso alle forme di flessibilità oraria gli intervistati hanno evidenziato due tipi di problemi: la precisione delle informazioni e la scarsa conoscenza da parte dei referenti aziendali del funzionamento delle agevolazioni: rispetto al primo elemento la percentuale di giudizi completamente negativi è pari al 40,2%, per il secondo si arriva al 31,9%.
La pandemia ha portato in primo piano alcuni dei limiti del modello italiano di inclusione lavorativa delle persone con disabilità: i tassi di attività durante la “Fase 1” dipendono in modo abbastanza evidente dal tipo di disabilità. Da una parte ci sono i lavoratori con limitazioni motori e che, in molti casi hanno continuato a lavorare o in presenza o a distanza ; dall’altra le persone con esiti da malattia oncologica o con limitazioni plurime che hanno ricorso in modo massiccio ai congedi e alle assenze per malattia.