Angolo della Salute

SALUTE: SONO 350 MILIONI COLPITI DA MALATTIE RARE

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Il mondo è ancora afflitto da numerosi casi di malattie a cui non si riesce a dare un nome, per le quali non ci sono cure. Nel mondo, in media, sono 350 milioni di persone che soffrono in questa situazione, solo in Italia raggiungiamo la quota superiore al milione di casi. Di essi ne parla Carlo Agostini, ordinario di Medicina interna all’Università Padova, oggi a Roma durante l’incontro ’Raccontare la ’rarità’: malattie rare, pazienti e media’, presso il Palazzo dell’Informazione, organizzato con il contributo di Baxalta, spiegando le conseguenze ed indicando come “Fra i problemi delle malattie rare ci sono i tempi della diagnosi: secondo una ricerca condotta su 5.000 pazienti, il 25% la aspetta da 5 a 30 anni, e il 40% incappa in diagnosi sbagliate”.

Aggiunge inoltre che “né il curante né tanto meno il paziente sanno di trovarsi di fronte ad una malattia rara. Ecco perché spesso la malattia non viene mai diagnosticata o viene diagnosticata solo dopo molto tempo. Non tutte queste patologie sono orfane di cure, mentre lo sono ad esempio infezioni diffusissime come quelle da Klebsiella resistente ai farmaci” illustrando come in questi casi sia difficile tanto per il paziente affrontare questa malattia quanto per il medico che deve cercare di curare il suo paziente.

In particolare, a livello globale si stima che circa 6 milioni di persone vivono con una forma di immunodeficienza primitiva e che circa un individuo su 1.200 abbia una delle 300 forme di immunodeficienza primitiva. “Le immunodeficienze primitive – ricorda Agostini – sono malattie rare in cui il sistema immunitario presenta dei difetti funzionali o quantitativi degli elementi cellulari o proteici che intervengono nei meccanismi di controllo delle infezioni e della crescita neoplastica. Le manifestazioni principali sono legate alle infezioni acute e croniche, principalmente a livello del tratto respiratorio e del tratto gastrointestinale, nei due apparati quindi inevitabilmente più esposti all’ambiente esterno ed ai microorganismi”.

Anche in questo caso “il ritardo diagnostico è purtroppo la regola. Si presume che circa dal 70 al 90% degli individui affetto da una immunodeficienza primitiva, pur vivendo in Paesi con sistemi sanitari evoluti, non riceve una diagnosi corretta in tempi accettabili. Con inevitabili conseguenze per il paziente. In molti casi si creano nel tempo danni d’organo irreversibili provocati dalle continue

infezioni”. Nei casi più comuni, comunque, la terapia è sostitutiva ed è salvavita. “In questi malati si cerca di sostituire gli anticorpi che il paziente non produce, grazie all’utilizzo di preparati ricchi di anticorpi ottenuti da donatori”.

Da circa 10 anni, prosegue l’esperto, “abbiamo fortunatamente disponibile la terapia con immunoglobuline sottocutanee. Oggi il paziente, dopo un adeguato training, può provvedere da solo alla somministrazione del farmaco a domicilio una volta alla settimana. La nuova frontiera – conclude – è rappresentata dalla terapia con immunoglobuline sottocute facilitata: tramite l’utilizzo concomitante di un enzima, la ialunoridasi, in grado di diffondere rapidamente le immunoglobuline nel tessuto sottocutaneo. Con questo preparato è possibile rarefare il ritmo delle infusioni che possono essere somministrate non più settimanalmente ma ogni 3 settimane. Un indubbio vantaggio per la qualità della vita del paziente”.

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