STEFANO CUCCHI, PROVINCIALI (SIN): “INTERROMPERE IL TRATTAMENTO EPILETTICO CRONICO PUO’ CAUSARE LA MORTE”
E’ il professore Leandro Provinciali, presidente della Società Italiana di Neurologia, che quest’oggi è intervenuto ai microfoni della trasmissione “Genetica oggi”, condotta da Andrea Lupoli su Radio Cusano Campus, emittente dell’Università Niccolò Cusano che cerca di fare un minimo chiarezza su un possibile, e nuovo, scenario in merito alla morte di Stefano Cucchi.
“Difficile esprimere un parere nel caso specifico – ha affermato il Prof. Provinciali – Posso dire che uno stato di male epilettico, cioè un ripetersi delle crisi non controllate dalla terapia, comporta dei rischi molto severi fino alla morte. Questo fatto non è così raro come si pensa, le morti legate all’epilessia sono di diversa natura e ampiamente descritte in letteratura. Se un paziente epilettico è in trattamento cronico e lo sospende bruscamente un tale fatto può essere alla base di eventi sempre più severi di epilessia che portano allo stato di male epilettico che mette a dura prova il funzionamento di cuore e polmoni, oltre che quello del cervello, e che quindi può potenzialmente essere molto dannoso fino ad essere letale“, con queste parole cerca dunque anche di stabilire un confine accettabile per schiarire una vicenda torbida e che da anni non trova colpevoli.
“Traumi cranici – continua il numero uno della Società Italiana di Neurologia – possono indubbiamente essere correlati alla recidiva delle crisi epilettiche che portano ad una alterazione del funzionamento del cervello. Riguardo la morte per globo vescicale e frattura vertebrale posso dire, in termini molto generali, che una compromissione dei nervi che regolano lo svuotamento vescicale può determinare una ritenzione acuta di urina (globo vescicale) e questo può avere a sua volta delle risposte riflesse molto significative come reazioni sincopali. In questo caso mi diventa difficile esprimermi perché è una condizione meno frequente. Parlo in generale e non nello specifico. E’ indubbio – conclude Provinciali – che le due ipotesi formulate siano eventi poco frequenti in medicina ma ogni caso fa storia a sé. Non è tanto la frattura del cranio che crea danni ma ciò che c’è sotto l’osso, quindi il cervello. Ci sono complicanze significative che possono verificarsi dopo 7 giorni, ma identificabili con facilità. Le conseguenze più rischiose sono comunque quelle che si verificano entro le prime 24/36 ore”.