SCANDALO ALL’UFFICIO ANAGRAFE DEL V MUNICIPIO, FAVORITA L’IMMIGRAZIONE CLANDESTINA
Una vera e propria banda che aveva costituito una agenzia di fatto che, con la compiacenza di dipendenti dell’ufficio anagrafe del municipio Roma V, reclutava clientela interessata a concludere pratiche amministrative, “gestire” gli appuntamenti presso il Municipio, ritirare i certificati di residenza e occuparsi delle questioni relative agli immobili utilizzati e molto altro per favorire l’immigrazione clandestina. Per questo motivo oggi il Nucleo speciale di Polizia valutaria della Guardia di finanza, ha arrestato dieci persone, di queste quattro in carcere e sei agli arresti domiciliari e imposto a tre soggetti l’obbligo di presentazione alla polizia giudiziaria, perché indagati, a vario titolo, di associazione per delinquere, corruzione, favoreggiamento dell’immigrazione clandestina e falso. Le indagini hanno consentito di far emergere l’operatività su Roma, in particolare presso la circoscrizione del V Municipio, di uno strutturato e collaudato sodalizio criminale, composto da un gruppo di bangladesi che favoriva la permanenza illegale dei connazionali sul territorio italiano, violando i presupposti giuridici per il rilascio e/o il rinnovo dei permessi di soggiorno. I pagamenti all’organizzazione per le “pratiche” evase avvenivano per lo più in contanti oppure attraverso ricariche su carte postpay.
Nel dettaglio, nove cittadini bangladesi (A.H. classe ’80, capo della “banda”, S.U. classe ’80, S.H., classe ’87, K.B. classe ’68, M.A.K.P. classe ’66, M.F., classe ’82, M.A.Y. classe ’73, R.K. classe ’88 e T.A. classe ’88), reclutavano i clienti interessati a concludere pratiche amministrative presso l’anagrafe comunale con un tariffario variabile tra 80 e 800 euro complessivi. Le operazioni erano possibili grazie alla compiacenza di tre dipendenti dell’Anagrafe capitolina (A.A., classe ’66, A.L., classe ’55, S.T., classe ’60) che – dietro compensi variabili tra i 50 e i 100 euro per ogni pratica evasa – emettevano certificati di residenza falsi o rilasciavano (anche in bianco, da utilizzare a seconda delle necessità) prenotazioni per appuntamenti in assenza di ragioni di urgenza. Inoltre, A.A., nonostante il trasferimento ad altro incarico, ha continuato nella sua attività corruttiva, mantenendo contatti con la “banda” al di fuori del Municipio, incontrando i bangladesi al bar o contattandoli via Whatsapp. Due italiani (M.P., classe ’28 e M.S., classe ’72), infine, proprietari di immobili nelle zone di via di Tor de Schiavi e nel quartiere Casal Monastero, si sono resi disponibili a redigere contratti d’affitto o di comodato d’uso per attestare dichiarazioni di ospitalità per persone che non si trovavano realmente negli appartamenti in questione. In un caso, in un appartamento di via Tor de’ Schiavi affittato a 17 extra-comunitari era stata offerta ospitalità ad altri 32 stranieri. I proprietari degli immobili erano spesso “istruiti” sulle dichiarazioni da fornire al vigile urbano in caso di controllo.