Giovani e Scuola

L’ATTORE GIACOMO PORETTI IN DIALOGO CON GLI STUDENTI DI MEDICINA DELL’UNIVERSITÀ CATTOLICA

Ieri pomeriggio, 15 novembre, Giacomo Poretti, attore e autore del libro “Turno di notte”, ha dialogato con gli studenti della facoltà di Medicina e chirurgia dell’Università Cattolica presso il policlinico Gemelli di Roma. All’incontro presenti per i saluti iniziali il professor Rocco Bellantone, Preside della Facoltà di Medicina e Chirurgia dell’Università Cattolica e il professor Stefano Margaritora, presidente del Corso di Laurea in Infermieristica. Lo riferisce una nota dell’Università cattolica del Sacro cuore di Roma. “Questa esperienza mi ha insegnato e mi ha segnato: è stata davvero forte sul piano professionale e umano – ha detto Poretti -. L’ospedale era l’ultimo luogo nel quale sarei voluto entrare: ho capito dopo che ciò che ho vissuto era talmente importante e bellissimo che andava sicuramente raccontato”.

Il volume “Turno di notte. Storia tragicomica di un infermiere che avrebbe voluto fare altro”, edito da Mondadori, è un racconto autobiografico, serio, emozionante e divertente della sua esperienza come infermiere per undici anni all’ospedale di Legnano, ripercorso in un pomeriggio emozionante e vivace trascorso nell’Aula Vito del Gemelli in dialogo con tanti studenti del Corso di laurea in Infermieristica del campus di Roma e della Facoltà di Medicina e chirurgia dell’Università Cattolica.

Il nuovo ruolo nella professione, il rapporto tra medico e infermiere, soprattutto il ritorno ai valori fondanti la professione dell’infermiere con la cura della persona al centro sono stati i temi del dialogo, molto partecipato da tutti gli studenti presenti in aula. Il dialogo con Giacomo Poretti è stato stimolato dalle incalzanti e colloquiali domande e dai commenti del professor Antonio Lanzone, presidente del corso di laurea in Medicina e chirurgia, e della professoressa Lucia Zaino, direttrice delle attività didattiche professionalizzanti del corso di laurea in infermieristica, e alcuni studenti della facoltà di Medicina e chirurgia. Le conclusioni dell’incontro sono state affidate al dottor Lorenzo Cecchi, direttore della sede di Roma dell’Ateneo.

“La vita in corsia è molto seria, spesso preoccupante; in reparto non c’è troppo spazio per ironia e autoironia: molte situazioni sono molto difficili da raccontare. Come il turno di notte dell’infermiere, per esempio, con la preoccupazione costante che succeda qualcosa di difficile da affrontare”, ha raccontato Poretti, che ha frequentato la scuola per infermieri nel 1977, è stato prima ausiliario, poi infermiere nel reparto di Chirurgia plastica della mano e in quello di Traumatologia e ortopedia e, quindi, caposala, in neurochirurgia. “Il mestiere dell’infermiere – ha continuato – come quello del medico, fa vivere il concetto di umiliazione; un passaggio necessario per acquisire l’umiltà nel rapporto con il malato: proprio per ciò che si deve fare ogni giorno, si è costretti a ridimensionare il proprio ego”. A uno studente che chiedeva un consiglio per la futura professione, Poretti ha risposto: “Un bravo infermiere è quello che riesce a tenere compagnia alla vergogna’ nei momenti più difficili che vive nel letto di ospedale la persona malata”.

Un pomeriggio di ricordi, sorrisi e umanità, quello vissuto al Gemelli che Giacomo Poretti ha snocciolato chiedendo aiuto a Sandrino, l’alter ego dell’autore, “Brandina”, il medico di turno restio a farsi svegliare nel cuore della notte, il paziente che si attacca al campanello perché gli formicola una gamba e il paziente che soffre la solitudine e vorrebbe fare una partita a briscola. Accanto agli aneddoti di undici anni di professione di infermiere, Poretti ha raccontato la dimensione di conforto, di cura e di speranza che è la parte più autentica e affascinante della vita dell’infermiere e sottolineato che con il Covid e la pandemia “mi sono trovato più volte a pensare: finalmente ci si accorge di quanto sia impegnativa, dura e importante la professione dell’infermiere nella vita dell’ospedale, non solo al tempo del Covid, ma nel lavoro in corsia di ogni giorno”.

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