IL MEGLIO IN EDICOLA DI VENERDI’ 17 APRILE 2015
Sì al piano del traffico: meno auto e più bus (Ernesto Menicucci)
Il centrosinistra, comunque, alla fine vota in maniera compatta: quattro defezioni alla fine, ma in aula c’è persino il sindaco Marino a fare da venticinquesimo della maggioranza. La lite con Sel, al momento, pare rientrata. Così come i vagheggiamenti (dello stesso Improta, tra l’altro) su un «partito della Capitale» in salsa romana, con la convergenza di pezzi del centrodestra. Gigi De Palo non era in aula (e dice, al telefono, di «non essere stato cercato da nessuno, sono voci senza fondamento»), Mino Dinoi (che pure già fa quasi parte della maggioranza) neppure.
Il Pgtu (piano generale traffico urbano) passa quasi all’ora di cena e Ignazio Marino esulta: «Prima il bilancio a tempo di record, ora il Pgtu che mancava dal 1999. Stiamo tornando ad una piena legalità amministrativa e lo facciamo con un piano coraggioso per cambiare la cittò. Il Pgtu è frutto innanzitutto del lavoro dell’assessore Guido Improta, ringrazio lui, i capigruppo e tutto il consiglio». […]
Alla fine, però, la montagna pare aver partorito il classico topolino. Perché nel Pgtu così a lungo atteso (quindici anni sono lunghi, in mezzo ci sono stati altri tre mandati di sindaci: due di Veltroni, uno di Alemanno) sembra mancare una visione prospettica generale e gli obiettivi fissati non fanno certo urlare al miracolo. Il trasporto pubblico dovrà aumentare dal 28 al 34% (con 34 mila spostamenti in più: in gran parte si spera nella progressiva apertura delle stazioni della metro C), quello in automobile calare dal 50 al 43,3% (meno 38 mila spostamenti), in motorino meno 0,5%, in bici più 1,3%. Risparmio complessivo, 600 milioni. Risultati, naturalmente, tutti da realizzare. […] Nel frattempo, però, a chi entra a Roma (dalla provincia o da fuori il Gra) per lavorare, andrà data un’alternativa reale alla macchina. Perché, alla fine, il romano medio non prende l’auto perché è sfaticato. Ma, magari, semplicemente perché non ha alternative.
Ostia, guerra dei varchi il Tar boccia l’apertura ma il Comune tira dritto (Simone Canettieri)
Il governo ombra del Tar continua a complicare la vita del Campidoglio. E questa volta si sposta dal centro e arriva a fino al mare, a Ostia. Il Tribunale amministrativo del Lazio ha accolto il ricorso dei balneari contro l’apertura degli accessi alle spiagge, operazione iper mediatica – con tanto di ruspe e cinguettii su Twitter – cominciata martedì scorso alla presenza del sindaco Marino, dell’assessore alla Legalità Sabella e dal presidente del Pd, Orfini. La sospensiva dei giudici riguarda gli accessi al mare aperti in prossimità degli stabilimenti Shilling e Marechiaro. Il primo a dare l’allarme è stato il senatore del Pd Stefano Esposito: «Sorpresa Tar: no varchi ad #Ostia, la strada legalità non è mai semplice», ha scritto su Twitter.
L’assessore Sabella poi entrando nel merito ha spiegato che i giudici non hanno «sospeso i provvedimenti di apertura dei varchi», ma hanno ritenuto le «planimetrie insufficienti».
«Questo – sottolinea – non fa cambiare la nostra decisione di assicurare i diritti dei cittadini di accedere al mare». I cancelli da oggi torneranno al loro posto, fino al 6 maggio quando ci sarà l’udienza. Sabella: «Dimostreremo come in realtà i varchi fossero individuabili attraverso precedenti atti amministrativi». Il fronte, l’ennesimo, è aperto.
Ed Esposito dice ciò che tutti pensano in Campidoglio: «L’ennesima bocciatura del Tar apre un tema sul quale ragionare: è strano che qualunque atto amministrativo del Comune venga rigettato». Il pensiero corre alle strisce blu, alla ztl, agli asili nido, alle autorizzazioni per gli Ncc. Orfini comunque scrive su Twitter: «La legalità è restituire il mare ai romani. Ed è quello che faremo. Con paziente determinazione».
Terra o mare l’aria non cambia. I giudici si sono anche espressi sull’altra operazione messa in piedi dalla giunta martedì scorso: l’abbattimento dei chioschi abusivi a Castel Porziano. Più nel dettaglio le motivazioni della sospensiva del Tar richiamano il fatto che nella «planimetria non è indicato alcun varo al mare e che quello rilevato è costituito dagli ingressi dello stabilimento con un percorso che finisce direttamente nel ristorante della parte ricorrente». Il Tar rileva inoltre che «l’atto impugnato presuppone, senza alcun dimostrato fondamento, una realtà assai diversa da quella risultante dagli atti della stessa amministrazione e che l’individuazione di varchi richiede di conseguenza un percorso procedimentale ben diverso da quello disposto con i provvedimenti impugnati».
“Giubileo fuori dal Gra 90 milioni per 38 opere Una porta santa in periferia” (Paolo Boccacci)