IL MEGLIO IN EDICOLA DI MARTEDI’ 24 FEBBRAIO 2015
L’alba della stazione Termini «Dal primo maggio via ai varchi» (Valeria Costantini)
«Borseggiatori a Termini? Ce ne saranno un centinaio in azione ogni giorno». Chi si occupa di sicurezza nella stazione centrale di Roma li conosce uno per uno, li identifica al di là dei travestimenti. Il racket non si ferma mai nello snodo ferroviario più importante della Capitale; è una «zona franca» in cui si muove un esercito di illegali. Le bande sono sempre le stesse, si spostano soltanto, mescolandosi tra gli oltre 450mila visitatori quotidiani.
Lo sguardo del visitatore occasionale coglie solo una fetta del mondo sommerso che infesta Termini. Le finte «hostess», però, spiccano nella folla. Il sole non è ancora sorto e sono già operative: una decina di ragazze, tutte romene tra i 15 e i 20 anni, gestiscono la «caccia del passeggero». Aspettano all’entrata della stazione, fronte piazza dei Cinquecento, e puntano ai bersagli facili: i turisti stranieri. Gli asiatici sono i loro preferiti. Si avvicinano e in un inglese elementare chiedono se possono aiutarli, li scortano fino alle biglietterie automatiche. Qualche indicazione poi la mano si allunga per il dazio. Se non ci sono divise in giro, portafogli o valigia spariscono.
Sportelli e bancomat sono l’altro crocevia del malaffare, presidiati in attesa dell’utente. E contro l’onda dei malviventi, nell’alba di Termini, c’è solo qualche guardia giurata: al massimo può avvertire i poliziotti piazzati sui binari, che infatti allontanano le giovani. Escono dalla stazione per due minuti. Poi rientrano. Solo dopo le 8 le sale si riempiono di poliziotti e carabinieri, gli addetti di Fs presidiano le biglietterie. «Vengono dai campi nomadi, c’è sempre un uomo a coordinarle», spiegano i militari che hanno appena fermato una delle ragazze. Ha pagato la troppa insistenza con un giapponese ed è stata notata. Ma in molti casi c’è poco da fare: il tempo di identificarle e, senza flagranza di reato o foglio di via, sono libere in poco tempo. «Di borseggiatori ne fermiamo uno al giorno come minimo, ma tanto tornano. Qui è un inferno, tutti i giorni, a tutte le ore», racconta un vigilante. Una prima contromisura per arginare il fenomeno potrebbe arrivare a breve: proprio come Milano, anche la stazione Termini avrà i suoi varchi. […]
Piano antibuche beffa asfalto sui tombini e rischio allagamenti (Lorenzo De Cicco)
Quando, un anno fa, il Campidoglio ha annunciato l’operazione «Tombini puliti» (obiettivo: sturare migliaia di calditoie intasate da fango e fogliame per evitare che le strade di Roma si trasformino in cloache ogni volta che piove) era difficile immaginare che i tecnici del Comune si sarebbero messi a ricoprire d’asfalto le grate stradali. Invece è questo l’effetto involontario del “Piano buche” annunciato un mese fa dal sindaco Marino e dall’assessorato ai Lavori pubblici. Un autogol che rischia di accentuare l’effetto-ingorgo in tante strade e piazze della città appena torna il maltempo.
Da piazza Barberini alla Colombo, in queste settimane gli operai delle ditte incaricate dall’amministrazione hanno passato i rulli compattatori su decine e decine di strade-groviera. Entro marzo infatti, secondo il crono-programma di Palazzo Senatorio, va portato a termine il rifacimento del manto stradale del 5% delle vie di Roma. Poi entro l’estate, la soglia da raggiungere è del 15%. Gli interventi, per i quali il Comune ha deciso di investire oltre 6 milioni di euro, riguardano tutti e quindici i municipi della città: dal centro al Lungotevere, da viale Etiopia alla Nomentana, dalla Palmiro Togliatti a via del Trullo, dalla Casal del Marmo a via di Bravetta.
Peccato però che in tanti casi le imprese che hanno vinto l’appalto non sembrano avere fatto troppo caso ai dettagli. Ecco perchè, dal centro alla periferia, in molte strade l’asfalto ha ricoperto anche tombini, caditoie e bocchettoni. Rendendo definitivamente otturati tutti i canali di scarico delle acque piovane.
Basta farsi una passeggiata per via del Corso per rendersene conto. Nel tratto appena restaurato, tra piazza Venezia e via di Caravita, quasi tutte le griglie di ghisa sono totalmente o parzialmente ostruite dall’asfalto. E lo stesso accade a piazza Barberini e su via del Tritone, da via dei Due Macelli all’incrocio con via Sistina, dove il bitume ha completamente bloccato anche la bocca di un canale di scarico, oltre alle grate. «Poi ci lamentiamo se ogni volta che a Roma cadono due gocce le strade si allagano», si lamenta Fabrizio Sequi, portavoce del comitato dei residenti Città storica. «Viene da chiedersi quanto hanno ricevuto singolarmente le ditte che hanno effettuato, male, questi lavori e se il Comune chiederà loro indietro i soldi».[…]
La trasferta della paura “In marcia su Rotterdam 400 teste calde giallorosse” (M. Pin.)
Vendita dei musei, ultimatum di Eur spa al governo (Damiana Verucci)
Pierluigi Borghini torna all’attacco sulla vendita dei musei dell’Eur Spa e lancia una sorta di ultimatum ai ministeri Economia e Finanza e Beni Culturali: «Hanno tempo fino a venerdì per decidere sull’eventuale cessione dei beni immobiliari». Da quell’operazione il presidente della società partecipata al 90% dal Mef e al 10% dal Comune di Roma conta di ricavare almeno 300 milioni di euro che serviranno a completare i lavori della Nuvola e a ripianare le finanze, assai compromesse, della società.
Ma l’idea ha sollevato polemiche, a partire dal ministro dei Beni Culturali, Dario Franceschini, a finire con i lavoratori già in agitazione per il rischio licenziamento di 120 lavoratori, conseguenza della cessione dei beni e della perdita di circa 20 milioni di euro l’anno che graverebbe a quel punto sull’Eur spa. Borghini ha messo all’angolo, per il momento, l’ipotesi ricapitalizzazione. È rimasta in campo quella della vendita dei beni resa possibile dal cambio dello statuto votato una decina di giorni fa dall’assemblea dei soci dell’ente. I «prescelti» sono tre musei e il palazzo della Civiltà Italiana, da molti giudicati «intoccabili». Ma sulla testa dell’ente pesa la tegola del Centro Congressi. Un’opera maestosa, carissima e da terminare. Borghini rispedisce al mittente l’accusa che negli anni i costi per completare l’opera siano lievitati.«Nel 2006 c’era un preventivo di 272 milioni di euro, a distanza di 5 anni i costi sono rimasti gli stessi».
Semmai il merito che si riconosce il presidente di Eur spa è quello di «aver interrotto il rapporto economico con l’architetto Fuksas perché ritenevo che dopo 5 anni di impegno il suo lavoro fosse terminato». Sul piede di guerra ci sono, invece, i sindacati. […]