IL 40% DEI ROMANI BEVE ALCOL PRIMA DI ENTRARE NEI LOCALI, 1 SU 3 ALLA GUIDA UBRIACO
“La tragedia avvenuta nella discoteca di Corinaldo ha riportato al centro del dibattito pubblico il tema della sicurezza nei locali e l’allarme sociale a taluni comportamenti devianti che, soprattutto tra i giovani, tendono a diffondersi a mo’ di ‘mode’. Una vera e propria deriva per arginare la quale è necessario innanzitutto un processo di responsabilizzazione condivisa di tutti gli attori coinvolti nel circuito del divertimento e della sicurezza. La Questura di Roma ha saputo intercettare più di un anno fa questa emergenza e il cui Capo di Gabinetto di allora, già nell’autunno scorso aveva promosso un protocollo d’intesa sulla Movida romana con i gestori dei principali locali dell’Eur volto a collaborare insieme nella gestione della sicurezza, all’interno e all’esterno dei locali”. A dichiararlo è il professor Nicola Ferrigni, sociologo della Link Campus University e direttore scientifico della ricerca #moVita-La percezione della sicurezza nella movida romana”, promossa dalla Questura di Roma.
L’analisi è stata realizzata con il supporto del Commissariato Esposizione diretto dal dott. Filiberto Mastrapasqua. I risultati diffusi in un comunicato. “La ricerca – si legge – ha restituito una serie di dati interessanti sulla diffusione di alcuni comportamenti devianti all’interno dei locali: ben il 40 percento dei frequentatori dichiara di recarsi nei locali avendo già consumato alcol (nello specifico, il 26,7 percento vino e birra, il 13,3 percento superalcolici), mentre il complessivo e preoccupante 13,8 percento afferma di aver assunto sostanze stupefacenti prima di andare in discoteca (nel dettaglio, il 9,6 percento droghe leggere e il 4,2 percento droghe pesanti). Ma il dato più allarmante riguarda soprattutto quel 29,2 percento circa di intervistati che afferma di essersi messo alla guida dopo aver consumato alcol o assunto droghe. Ancora, è significativa la percentuale di alcune condotte che si muovono lungo la linea di confine tra il pericoloso e l’illecito e di cui i frequentatori sono stati testimoni almeno una volta: il 32,3 percento ha assistito a risse o altri episodi di violenza, il 22,8 percento all’utilizzo di droghe, il 15,4 percento a episodi di vandalismo, degrado e sporcizia, il 14,7 percento a furti e rapine, e ben il 12,8 percento a spaccio di droga”.
“Spruzzare in un locale uno spray urticante – prosegue il professor Nicola Ferrigni, direttore della ricerca #moVita – senza alcuna minima consapevolezza delle gravi conseguenze che un’azione del genere può comportare, deve far riflettere sulla scarsa cultura della sicurezza da parte dei ragazzi e che utilizzano sostanze pericolose senza percepirne il rischio. E i risultati dello studio lo testimoniano. Individuare misure finalizzate a garantire che il divertimento possa avvenire in condizioni di piena sicurezza – continua Ferrigni – non può tuttavia prescindere da una preventiva conoscenza e comprensione scientifica dei fenomeni, ed è su questo aspetto che il progetto pilota della ricerca sulla Movida ha visto rinnovarsi la sinergia tra Polizia di Stato e Università già proficuamente sperimentata in occasione della ricerca sulle Barriere all’Olimpico. Un vero e proprio ‘metodo’ di lavoro consolidato e funzionale alla costruzione di una piena e reale cultura della sicurezza nel nostro Paese poiché dimostra che la comprensione dei fenomeni non può prescindere dalla conoscenza tramite la ricerca sul campo in sinergia con il mondo accademico, quale azione propedeutica e indispensabile per la successiva individuazione delle misure di sicurezza (non di polizia)”. Ma qual è il grado di sicurezza percepita nei locali della Movida? “Complessivamente – riporta la ricerca – l’83,6 percento degli intervistati dichiara di sentirsi sicuro nei locali analizzati; a motivare tale positiva percezione di sicurezza, per il 42,8 percento circa degli intervistati è il lavoro degli addetti alla sicurezza del locale, mentre per il 16,3 percento è la presenza rassicurante delle Forze di Polizia in zona e per il 13,4 percento i controlli all’ingresso sufficientemente accurati. Per quanto concerne la gestione della sicurezza dei locali, circa 7 intervistati su 10 (70,8 percento) ritengono che ad occuparsene debbano essere gli addetti alla sicurezza del locale, e questo principalmente perché ci si fida del loro ‘sapersi muovere’ all’interno dei locali (36 percento), e del loro essere meno invadenti rispetto alle Forze dell’Ordine (14,9 percento). Per contro, il 27,3 percento degli intervistati ritiene invece che la gestione della sicurezza dovrebbe essere appannaggio delle Forze dell’Ordine, e questo perché esse tutelano la sicurezza del cittadino (41,8 percento), o perché hanno l’autorità giuridica per intervenire (20,5 percento) o, ancora, perché fanno l’interesse del cittadino e non del locale (19,7 percento)”.
“A conferma della centralità che gli intervistati riconoscono agli addetti alla sicurezza dei locali – riferisce ancora lo studio – è proprio a questi ultimi che i frequentatori si rivolgono in una potenziale situazione di pericolo: il 46,6 percento degli intervistati dichiara infatti di rivolgersi proprio agli addetti alla sicurezza del locale, mentre è pari al 18,2 percento la percentuale di coloro i quali chiamano le Forze dell’Ordine. Ciononostante, non vi è una totale chiusura nei confronti di queste ultime: dinanzi alla possibilità di una intensificazione dei controlli da parte delle Forze dell’Ordine, gli intervistati tendono infatti a dividersi tra contrari (il complessivo 42 percento) e favorevoli (il complessivo 58 percento, di cui il 33,7 percento si dichiara ‘abbastanza’ e il 24,3 percento ‘molto’ favorevole)”. “Si tratta – conclude il prof. Nicola Ferrigni – di un elemento importante su cui la nostra ricerca fa luce e che impone una riflessione sul ruolo della sicurezza privata dei locali e sull’esigenza di una responsabilizzazione dei suoi addetti cosicché quella ‘competenza’ che viene loro riconosciuta dal quel 40% circa dei frequentatori, ovvero il ‘sapersi muovere’ e il conoscere le regole del gioco, non rischi di trasformarsi in ‘connivenza’. La centralità del ruolo degli addetti alla sicurezza privata dei locali, d’altra parte, non ridimensiona il delicato compito delle Forze dell’Ordine ma rafforza invece l’idea della sicurezza come esito di una cultura condivisa da parte di tutti gli attori impegnati nel presidiarla e tutelarla”. “La ricerca – conclude la nota – #moVita è stata realizzata nel periodo febbraio-settembre 2018 e ha visto intervistati 1.166 giovani frequentatori di 8 locali della movida del IX Municipio di Roma: Room 26, San Salvador, Exè, Spazio Novecento, Fiesta, Bibliotechina, Le Terrazze e Love Park al fine di analizzare i comportamenti che caratterizzano la frequentazione da parte dei giovani delle discoteche romane, nonché a comprendere la loro percezione della sicurezza sia all’interno che all’esterno dei locali; nel contempo, la ricerca ha consentito di mettere in luce alcune ‘best practices’ rispetto alla gestione di un fenomeno così complesso come quello della sicurezza negli spazi del divertimento”.