Sociale

UIL LAZIO: A ROMA TRISTE PRIMATO NAZIONALE FEMMINICIDI

Lia (nome di fantasia) ha 40 anni e lavora per una cooperativa all’interno di un grande ospedale della Capitale. Cinque anni fa ha subito uno stupro sul posto di lavoro da parte di un collega ed è stata soccorsa dalla responsabile del settore che l’ha immediatamente accompagnata al pronto soccorso.
E’ scattata la denuncia e avviato l’iter processuale che è ancora in corso. “Dopo ben cinque anni – racconta l’avvocata che l’assiste alla UIL Lazio – siamo ancora in alto mare, nonostante le testimonianze e i referti siano più che chiari. Confermati persino dalla prova del dna”. Ma Lia è purtroppo un caso come tanti.
Marcella (nome di fantasia) di anni ne ha 22 e ha subito maltrattamenti quando ne aveva soltanto 18. Era andata a convivere ancora minorenne con un trentenne che in un primo momento limitava la sua libertà personale poi, dopo un aborto, ha cominciato anche a maltrattarla. La ragazza è tornata dai genitori, ha sporto denuncia ma lui non si è arreso e ha cominciato a perseguitarla fino a ricevere un provvedimento di allontanamento. Il processo però è alle fasi iniziali e Marcella che, con enormi sacrifici, sta provando a ricostruirsi una vita, è costretta a subire lo strazio di dover raccontare ogni volta la propria tragedia, rivivendola. “Un’ulteriore ingiustizia che non fa altro che aggravare il trauma – riferisce il legale di parte – la ragazza sta provando a riemergere ma le lungaggini processuali sicuramente non aiutano”.
E di situazioni analoghe purtroppo ce ne sono parecchie. “Lia e Marcella non sono un’eccezione ma la norma – riferiscono gli avvocati alla UIL Lazio – i processi vanno avanti anni tra rinvii e attese con tutte le conseguenze del caso”. Eppure anche le ultime vicende di cronaca dovrebbero aver alzato il livello di attenzione e contribuito a sensibilizzare le coscienze. Ma non sembra essere così nelle aule dei tribunali dove dal rinvio a giudizio dell’imputato alla sentenza di primo grado passa in media un quinquennio.
Un quinquennio quest’ultimo (2019 – 2023) in cui nella nostra regione, secondo i dati elaborati dalla UIL Lazio e dall’Eures, si sono registrati ben 59 femminicidi e 2.530 violenze sessuali.
Con un’impennata nel 2022 quando solo nel Lazio si contano 566 denunce per stupro. Di queste 465 soltanto a Roma, con una crescita di oltre il 25% rispetto al 2021. Ovvero 1,3 donne stuprate al giorno. Che tradotto in numeri significa 11 stupri ogni 100 mila abitanti. Un dato superiore alla media nazionale (10,7) e regionale (9,9).
“Numeri che allarmano anche se non sembrano allarmare la giustizia penale – commenta il segretario generale della UIL Lazio, Alberto Civica – le storie da noi raccolte e le innumerevoli altre ci dicono che si continua a lavorare sempre e solo in emergenza, a tragedia già avvenuta. Si aspetta che accada il dramma, il livello di attenzione aumenta, il rimbombo mediatico attiva le coscienze e la partecipazione e’ attiva per qualche giorno, ma poi tutto torna come prima. Almeno in ambito giudiziario. Altrimenti non si spiegherebbero sentenze assurde in cui le donne vittima di violenza devono motivare il proprio comportamento o il proprio look, non si spiegherebbe il ricorso alla Pas in molte denunce per maltrattamenti, non si spiegherebbero queste lungaggini nei casi di stupro. Lungaggini che diventano accanimento contro la vittima più che contro il colpevole. Lungaggini che non fanno altro che acuire il trauma e impedire la rielaborazione e la ripresa. Inoltre non esiste un supporto post denuncia per la donna, la denuncia rappresenta un primo step, ma poi c’è tutto il resto e non solo nell’immediato.
Nei cinque, sei, sette anni dell’iter giudiziario chi si occuperà dell’assistenza psicologica? Chi la sosterrà nel reinserimento sociale o lavorativo? Chi nell’educazione dei figli o nell’autonomia economica visto che, denunciando, molto probabilmente non riceverà più l’assegno di mantenimento?”.
E, tragedia nella tragedia, è particolarmente inquietante il dato relativo alle violenze sulle minori di 14 anni, in crescita del 33,3% rispetto al 2021 (44 vittime nel Lazio nel 2022, erano 33 l’anno precedente). Di queste ben 37 soltanto nella Capitale.
Ed è sempre la Capitale a guidare la triste classifica dei femminicidi: ben 50 nell’ultimo quinquennio su 59 a livello regionale. Quattordici soltanto lo scorso anno e 9 nel 2023 (dato aggiornato al 20 novembre). Primato che Roma detiene anche a livello nazionale, precedendo con le sue 50 vittime, Torino (31), Milano (30) e Napoli (28). Femminicidi che oltre a rappresentare circa la metà degli omicidi in generale compiuti nella regione negli ultimi cinque anni, continuano a verificarsi nel 73% dei casi in ambito famigliare, con una prevalenza netta nel contesto di coppia e riguardano prevalentemente donne di nazionalità italiana (76,3%).
“Conferma di quanto la mentalità patriarcale sia radicata nella nostra società – commenta Civica – e quanto purtroppo la donna sia considerata ancora oggi possesso dell’uomo, una sua appendice, non un essere pensante autonomo e indipendente. E non c’entra nulla il livello sociale, culturale o economico. Quelli semmai possono diventare pretestuose scusanti di un comportamento aggressivo, non causa di uno stupro o di un femminicidio. Il problema è molto più profondo, va al di là delle spiegazioni semplicistiche con cui si cerca spesso di motivarli. E’ sicuramente fondamentale il contesto educativo famigliare in primis e poi scolastico, ma è ancora più importante riuscire a svecchiare una forma mentis che diviene in qualche modo giustificazionista. Non solo a livello di vox populi e mi riferisco alle tante chiacchiere sulle donne che provocano o che in qualche modo se la sono cercata. Gli stessi social sono pieni di affermazioni del genere. E i social sono comunque una forma di comunicazione. Non controllata e alla portata di tutti. Ma anche il sistema giudiziario non è esente da colpe e pregiudizi. Lo confermano le tante, troppe vicende di cronaca nera nei confronti delle donne, le morti annunciate, le denunce sottovalutate e archiviate, molte sentenze apparentemente senza spiegazione logica”.
Diminuiscono, magra consolazione, i reati di minaccia: 6221 nel 2022, contro i 6657 nel 2021. E Roma, con 4172 denunce nel 2022, registra solo in questo caso l’indice più basso delle province laziali.

Articoli correlati

Back to top button
Close