TURCHIA-S.SEDE: CHIUSA “CRISI” SU GENOCIDIO ARMENO DOPO PAROLE PAPA, ANKARA RICHIAMÒ AMBASCIATORE, ORA TORNA A ROMA
La Turchia ha deciso di rimandare in Vaticano il suo ambasciatore, Mehmet Pacaci, che era stato richiamato ad Ankara lo scorso aprile dopo che Papa Francesco aveva definito il massacro degli armeni in Anatolia come un “genocidio”. La “svolta”, che di fatto chiude la “crisi” diplomatica che si era aperta dopo le parole di Bergoglio, è stata annunciata ufficialmente dal ministero degli Esteri turco.
In una nota, Ankara ha salutato come uno “sviluppo positivo” un comunicato diffuso oggi dalla sala stampa della Santa Sede in cui si torna a parlare dei “tragici eventi del 1915” senza usare la parola genocidio. Nel testo, il Vaticano ha spiegato che “è stato notato e apprezzato il rinnovato impegno della Turchia a rendere i propri archivi disponibili agli storici e ai ricercatori delle parti interessate”: una proposta che Ankara ha ricordato di aver fatto già nel 2005. La Turchia ha sottolineato, inoltre, come nel comunicato della Santa Sede si ricordi il “caso dell’assassinio di Taha CarOm, Ambasciatore della Turchia presso la Santa Sede, nel giugno del 1977, per mano di un gruppo terroristico”.
Il ministero degli esteri turco ha fatto riferimento ad un comunicato della sala stampa della Santa Sede nel quale si è spiegato che al termine dell’udienza generale è stato presentato a Papa Francesco un libro di Rinaldo Marmara dedicato alla Squadra navale pontificia ai Dardanelli nel 1657, traslitterazione italiana e turca di un manoscritto dal fondo Chigi della Biblioteca Apostolica Vaticana.
Quello aperto il 13 aprile 2015 era stato uno scontro durissimo dopo le parole pronunciate dal Papa sul “genocidio” armeno. Sull’uso di questo termine, strenuamente respinto da Ankara, che parlò in proposito di “inaccettabile calunnia”, e utilizzato il giorno prima da Bergoglio mutuandolo dalla dichiarazione di papa Wojtyla del 2001, si innescò la prima grande crisi diplomatica del pontificato di Francesco. Alle critiche del governo Erdogan, si aggiunsero anche quelle da parte del Gran Mufti Mehmet Gormez, il presidente del Diyanet, il Dipartimento degli Affari religiosi. Crisi che non si placò neanche con lo schieramento di un ampio fronte politico a favore del Pontefice, compresi rappresentanti del governo italiano come il ministro Paolo Gentiloni. Il ministero degli Esteri turco, dopo aver convocato per protesta il nunzio apostolico mons. Antonio Lucibello, reagì richiamando in patria “per consultazioni” il proprio ambasciatore in Vaticano Mehmet Paaci, che da oggi potrà tornare al suo lavoro. (Ansa)