TEGOLA SULLA RAGGI, L’ABRUZZO CHIUDE LE FRONTIERE ALLA SPAZZATURA DI ROMA
Stop ai rifiuti da Roma. È questa la prima conseguenza politica della vittoria del centrodestra in Abruzzo. Ed è una conseguenza drammatica per Virginia Raggi e il malandato sistema di smaltimento dei rifiuti capitolino.
Il neo governatore Marco Marsilio infatti sta pensando di chiudere le frontiere abruzzesi per la monnezza romana. Il contratto stipulato dal precedente presidente di regione prevede l’arrivo di 70 mila tonnellate di rifiuti indifferenziati provenienti da Roma. Ora quel contratto valido per tutto il 2019 e siglato in piena emergenza potrebbe essere l’ultimo della serie, o peggio, potrebbe diventare carta straccia.
Esaurito il tetto dei rifiuti esportabili, infatti lo stop diventerà definitivo. E quindi, comincia il count down e la ricerca di un nuovo partner a cui spedire i sacchi neri che popolano le strade della città. Si calcola che sono stati inviati verso la regione confinante già 6 mila tonnellate. Ora però la nuova giunta regionale che sta per insediarsi è pronta a rivedere tutto lo schema e a fermare i viaggi dell’immondizia romana.
Per capire l’entità dell’emergenza basti pensare che il contratto che lega la Città eterna e l’Abruzzo riguarda proprio il sacco nero nudo e crudo: ovvero i rifiuti indifferenziati, non trattati. Sono proprio quelli che intasano le strade e che l’amministrazione vorrebbe far sparire per restituire un minimo di decoro. L’Abruzzo offriva un aiuto importante. Una soluzione temporanea, perché temporaneo era e rimane il contratto che a questo punto sta per scadere senza possibilità di rinnovo.
In una delibera di giunta datata 9 ottobre 2018 l’operazione solidarietà era stata approvata dall’ormai ex governatore dem Luciano D’Alfonso che era stato raggiunto da una lettera della sindaca capitolina in cui si chiedeva, causa emergenza, di ospitare l’immondizia romana a un costo di 135 euro a tonnellata. La Regione a guida Pd aveva accettato per perseguire «politiche ambientali basate sui principi di collaborazione e sussidiarietà istituzionale tra gli Enti interessati». Pinuccia Montanari, assessore dimissionario all’Ambiente del Campidoglio si era profusa in ringraziamenti e spiegazioni del perché fosse necessario per Roma appoggiarsi ancora agli altri e quindi sostanzialmente utilizzare impianti altrui. Ma si sa: occhio non vede sacchetto, cuore dell’ambientalista non duole o al massimo intravede un repair café.
Ora il vento è cambiato per citare il fortunato slogan elettorale del 2016 che portò alla conquista di Palazzo Senatorio BVirginia Raggi. Il vento è cambiato e non soffia a favore della capitale a guida Cinquestelle. È tempo di sovranismo ambientale: a ognuno i propri sacchetti di immondizia. E non è una vendetta politica anti Raggi o anti grillina, il nuovo presidente Marsilio spiega che la solidarietà tra territori può anche funzionare ma in termini di pacca sulle spalle, incoraggiamento. Lo stop può essere uno sprone «in modo tale che la sindaca possa finalmente impostare un sistema virtuoso ed essere autosufficiente come è giusto che sia».Chissà se ieri avesse vinto le elezioni regionali la pentastellata Sara Marcozzi. I rifiuti romani avrebbero trovato ospitalità più a lungo? Difficile dirlo, anche in quel caso si sarebbe realizzata la nemesi perché Marcozzi durante l’ultimo mandato in Regione e anche recentemente in campagna elettorale aveva promesso che l’Abruzzo non sarebbe più stato la discarica della Capitale. «Rinegozieremo ogni accordo preso dai miei predecessori, perché è chiaro che devo pensare al bene dei miei cittadini», disse la candidata presidente M5S oggi sconfitta. E come darle torto. (Fonte Il Messaggero)