Angolo della Salute

SSN IN ERA POSTCOVID: LUCI, OMBRE. PROPOSTE INNOVATIVE – INCHIESTA IN DUE PUNTATE (PRIMA PARTE)

La pandemia da Virsu Sars Cov 2, inizialmente forse trascurata e sottovalutata alla stregua di una banale influenza ed oggi carica del peso di oltre 85.000 morti in Italia, ha profondamente mutato e messo a luce impietosamente le diffuse criticità di un Sistema Sanitario Nazionale già in pesante difficoltà a causa dei decennali mancati trasferimenti di risorse pubbliche statali e della obsolescenza della macchina amministrativa ed organizzativa.

Il risultato finale è la quasi completa scomparsa della medicina territoriale, ormai unicamente presidiata da coraggiosi Medici di Medicina Generale (MMG), Pediatri di libera scelta (PLS) e Medici specialisti Ambulatoriali Esterni cd “SUMAI”. Questo è avvenuto prevalentemente in alcuni territori di Roma Capitale: la azione suppletiva a questo stato carenziale è stata svolta (a caro prezzo) dalla sanità privata sia cd “out of pocket” che assicurativa/cooperativa, ma soprattutto dal sistema della emergenza/urgenza dei Pronto Soccorsi (PS) e Dipartimenti di Emergenza ed Accettazione (DEA) degli ospedali e policlinici romani.

Ora, ci si pone il problema di come correggere la traiettoria della nave in rotta di collisione in poco tempo verso gli scogli, alla luce dalla alta età media (57 anni circa) dei medici SSN romani, dell’ ondata di pensionamenti (700 quest’ anno) dei Medici di Medicina Generale MMG romani non adeguatamente rimpiazzati da giovani leve (appena 150 MMG sec. La Regione Lazio). Inoltre, concorre al peggioramento della situazione sanitaria in epoca Covid, la organizzazione del sistema territoriale sanitario che è fortemente obsoleta e risale più o meno alla Legge istitutiva del Servizio Sanitario Nazionale (1978).

Infatti, i MMG sono ancora come allora “tuttologi” e non specializzati nella loro pratica clinica diurna in una dei gruppi di patologie croniche (diabetico-metabolica, cardiorespiratorio, oncologico, psichiatrico-dipendenze, neurologiche) che purtroppo affliggono in numero massiccio la nostra popolazione soprattutto over 65 anni (oltre 600.000 cittadini solo a Roma). Inoltre, i medici SUMAI sono scomparsi quasi del tutto dal territorio con i loro ambulatori, dove un tempo davano risposte a buona parte dei problemi clinici dei cittadini. Infine, ciliegina sulla torta, la pressione sempre crescente delle ondate immigratorie prevalentemente extraUE, che vede in Roma e soprattutto in alcune sue aree ben precise una sede di grave sovraffollamento e sovrappopolazione con gravi difficoltà alla integrazione socio-sanitaria ed all’ accesso ai più basilari servizi sanitari: per le classi immigrate, basta vedere il basso o nullo ricorso al counseling ginecologico sia di tipo ostetrico perinatale che anche oncologico mammario ed uterino.

Quindi, è evidente che in queste penose condizioni territoriali tutti i problemi sanitari dei nostri Cittadini (anche i più piccoli), inevitabilmente non possono che scaricarsi sui PS e DEA romani (una trentina circa), con pesante saturazione delle liste di attesa ambulatoriali, dei posti letto ospedalieri per ricoveri ed interventi chirurgici elettivi e conseguente CROLLO del livello di assistenza sanitaria anche percepita. A tutto vantaggio, evidentemente, del diffuso sistema sanitario privato accreditato e non (cliniche, ospedali, laboratori di analisi, ambulatori polispecialistici e studi radiologici). Cosa si può fare per salvare ciò che resta del SSN a Roma e nel Lazio che così fortemente dipende dal funzionamento a Roma? (FINE PRIMA PARTE)

Dott. Francesco Russo
Ricercatore Confermato – Dipto Scienze Chirurgiche – Università di Roma Tor Vergata

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