SOCIALE, 9 DETENUTI RICOMINCIANO DA UNA BIRRA
Ricominciare da una birra? Si può, grazie ad un birrificio e un marchio tutto nuovo “Vale la Pena” gestito da 9 detenuti del carcere di Rebibbia presso l’Istituto Sereni di Roma. Un progetto nato nel 2012 grazie l’impegno di un gruppo di fisioterapisti che hanno voluto dare un’opportunità ad alcuni detenuti, quella di rimettersi in gioco nel lavoro ma soprattutto nella vita e con una possibilità in più: quella di non tornare in carcere.
Il progetto è stato finanziato dal Ministero dell’Istruzione e da quello della Giustizia ispirandosi al mondo della birra non solo perché è mercato sempre in continua crescita ma anche molto vicino ai giovani.
I detenuti per dare il via a questa nuova attività, hanno seguito dei corsi di formazione che sono durati 16 mesi, presso i locali dell’Istituto Sereni. Tutto questo secondo l’art. 21 dell’ordinamento penitenziario, che ammette i detenuti al lavoro esterno. Un percorso che, se sostenuto, può portare il detenuto alla semi-libertà, ma anche all’affidamento. Infatti uno di loro è stato assunto dalla Onlus Semi di libertà e oggi dorme a casa con la sua famiglia, anche se deve scontare ancora un anno di pena.
A spostare questa iniziativa anche gli studenti dell’ istituto Sereni che sono i protagonisti di un progetto che riguarda il consumo alcolico responsabile, con loro, alcuni ragazzi diversamente abili che si occupano dell’etichettatura delle birre.
La storia di “Vale la pena” è arrivata anche a Bruxelles dove i suoi ideatori, hanno raccontato l’esperienza di questo progetto in occasione della premiazione di un contest internazionale patrocinato proprio dalla Commissione Europea. A Piede Libero, Drago’n Cella, ma anche Chiave de Cioccolata, Sèntite Libbero, Le(g)Ale, sono solo alcuni nomi delle birre presentate e insieme ad essi, la comunicazione di una novità: una ricetta tutta nuova che è già pronta per essere b.
Inoltre a breve nascerà una collaborazione con l’impresa sociale olandese De Prael, che produce birra includendo anche detenuti e soggetti svantaggiati.
Un progetto pieno di vita e soprattutto piena di speranza per questi detenuti, che hanno avuto la possibilità di crearsi una nuova indipendenza e realtà dopo quella vissuta nel carcere; con la consapevolezza di non ricadere più in sbagli già commessi in passato.
Martina D’Ermo