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SEQUESTRATI 20 MLN DI EURO TRASFERITI ILLECITAMENTE IN BANGLADESH

È in corso a Roma il sequestro preventivo degli uffici e dei beni di un istituto di pagamento e di sei agenzie di money transfer gestiti da persone bengalesi ritenute responsabili di aver violato più volte gli obblighi sull’antiriciclaggio e sulla verifica dell’identità dei connazionali al momento del trasferimento di denaro nel Paese d’origine. L’ordinanza di sequestro, emessa dal Gip del tribunale di Roma, è stata notificata stamattina dal Nucleo speciale polizia valutaria della Guardia di finanza. Già nel luglio 2019 le indagini avevano permesso di smantellare un sodalizio criminale, composto da bengalesi, e finalizzato a favorire, a fine di lucro, la permanenza illegale sul territorio italiano di persone provenienti dal Bangladesh: il gruppo violava le norme per il rilascio o il rinnovo dei permessi di soggiorno. Ora le investigazioni si sono concentrate sulle modalità di trasferimento delle somme di denaro verso il Bangladesh: il Paese asiatico nel 2019 è risultato, per il secondo anno consecutivo, il primo di destinazione delle rimesse di denaro tramite circuito money transfer, con un importo di 856 milioni di euro complessivi. Un volume di flussi finanziari che in dieci anni è triplicato.

I finanzieri hanno monitorato e analizzato 24 mila operazioni, pari a 90 milioni di euro di rimesse verso il Bangladesh, trasferite in un arco temporale di tre anni (2016-2018) attraverso una società che opera in Italia, è controllata da un socio unico statunitense ed è amministrata da bangladesi. La società, iscritta nell’albo della Banca d’Italia tra gli istituti di pagamento, a Roma per lo più a favore di bengalesi con una capillare rete di 30 sportelli money transfer. Attraverso intercettazioni telefoniche, riscontri documentali, appostamenti, pedinamenti, video sorveglianze e l’incrocio di più segnalazioni di operazioni sospette sono stati ricostruiti trasferimenti illeciti per 20 milioni di euro pari al 22 per cento circa del totale analizzato. I trasferimenti erano dai titolari delle agenzie grazie a un sistematico aggiramento della soglia di legge antiriciclaggio prevista per i money transfer in 1.000 euro. La somma complessiva che il cliente intendeva trasferire a un determinato beneficiario estero veniva frazionata in più importi (generalmente pari a 999 euro) e la titolarità dell’operazione finanziaria veniva attribuita in modo fittizio a terzi ignari, familiari, amici o conoscenti compiacenti, per lo più privi di capacità reddituale, e ricorrendo all’utilizzo di più circuiti money transfer.

In questo modo nei data base dell’istituto di pagamento e degli agenti venivano registrati dati falsi o non veritieri per ostacolare eventuali controlli e la ricostruzione dei flussi finanziari dei reali mittenti. Si tratta, nella maggior parte di casi, di somme di denaro accumulate da commercianti del Bangladesh nella città di Roma, dove negli ultimi anni si è registrato un significativo incremento di imprese e ditte gestite dai cittadini asiatici, in particolare nel settore del commercio (per lo più minimarket e autolavaggi). Nel 2019, nella provincia di Roma erano concentrati oltre il 40 per cento del totale delle imprese riconducibili in Italia a bengalesi. In questo contesto, a fronte di consistenti operazioni frazionate verso l’estero, è emersa l’omissione sistematica delle imposte con iscrizioni a ruolo dei relativi debiti tributari, pur in presenza delle relative dichiarazioni dei redditi. Sono stati appurati debiti erariali variabili, che raggiungevano anche importi superiori a 300 mila euro. In questo modo i commercianti del Bangladesh, privi di qualsiasi altro bene mobile e immobile sui quali lo Stato potesse rivalersi, si sono sottratti alla possibile esecuzione forzata dell’erario poiché le uniche disponibilità finanziarie erano costituite da denaro contante (di per sé non tracciabile) e che veniva trasferito fraudolentemente all’estero tramite agenzie di money transfer. Con il sequestro preventivo di oggi è stata bloccata la possibilità di reiterare il reato, sottoponendo a vincolo cautelativo, gli uffici, i beni strumentali e i contratti in essere.

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