SALUTE, TUTTI POSSIAMO FORMARCI PER SALVARE UNA VITA
In molti musei e spesso in alcuni angoli delle strade si vedono dei cartelli verdi con un cuore bianco e un lampo disegnato al centro, segno distintivo della presenza li sotto di un defibrillatore semiautomatico (DAE). Iniziativa lodevole distribuire nel territorio questi strumenti, ma quante persone lo sanno usare? Quante persone sanno valutare un problema di questo genere? Quante persone sentono la responsabilità di non girare il viso dall’altra parte?
Il defibrillatore semiautomatico è uno strumento importante per cercare di far ripartire il cuore di una persona che ha avuto un arresto cardiaco.
Ogni anno una persona su mille ha un arresto cardiaco senza aver avuto segni precedentemente, ciò vuole dire che in Italia ben 60000 persone ogni anno muoiono per questo problema. Di queste molte potrebbero sopravvivere se ci fosse una attenta formazione in tal senso.
L’arresto cardiaco è una condizione che purtroppo può colpire chiunque e la conseguenza è che fermandosi il cuore manca una corretta circolazione sanguigna e l’organo che ne risente maggiormente è il cervello, che impiega solo 10 minuti per perdere tutte le sua capacità funzionali. Durante l’arresto cardiaco il cuore smette improvvisamente di pompare il sangue: in molti casi il cuore passa repentinamente da un battito normale a un battito molto irregolare e incoordinato, detto fibrillazione ventricolare.
Quando il cuore inizia a contrarsi in modo non coordinato il sangue non scorre più all’interno dell’organismo e la persona muore in pochi minuti. A questo tipo di condizione si può reagire solo in un modo: occupandosene. Nel 2010 la American Heart Association, associazione a cui tutte le organizzazioni fanno riferimento per la rianimazione cardiopolmonare, ha aggiornato le linee guida e consiglia a tutti, sia al personale medico che ai semplici testimoni del malore, di iniziare la rianimazione cardiopolmonare con il massaggio cardiaco.
È molto meglio cercare di intervenire, anziché non fare nulla per paura che le proprie conoscenze o capacità siano insufficienti. È bene ricordare che tra non fare nulla e tentare di intervenire c’è una differenza fondamentale: si può salvare la vita di qualcuno! Ma perché si dovrebbe intervenire o meglio perché dovremmo sentire tutti la responsabilità morale di essere formati ad intervenire in condizioni di questo tipo?
In primo luogo dobbiamo fare riferimento al Decreto Balduzzi del 24 Aprile 2013 sull’obbligo di dotazione e impiego di defibrillatori semiautomatici in caso di arresto cardiaco. Ma non basta un obbligo, sapere che il nostro intervento può essere risolutivo deve far scattare il desiderio di formarsi specificatamente. Di certo non è semplice avvicinarsi ad una persona che di fronte a noi cade a terra e non da segni macroscopici di vita ma sapere sicuramente cosa non fare già può aiutare molto. La nostra società viene spesso definita “liquida” cioè dai connotati molto variabili ed anche la comunicazione e l’approccio tra le persone acquista connotati simili.
Formarsi a rispondere ad una esigenza specifica di rianimazione cardiopolmonare può spaventare, può mettere in seria difficoltà le persone in quanto ciò che si è chiamati a fare deve rispondere ad esigenze particolari e con un contatto diretto e così stretto tra gli attori che può creare problemi. Ma se riusciamo a riflettere comprendiamo che in una rete sociale superficiale come quella nella quale noi viviamo, solo un impegno formativo specifico, piccolo rispetto alle necessità sociali attuali, può coinvolgere molti, operatori sanitari e laici, convinti che spendendo qualcosa del proprio impegno per gli altri si può dare un significato al proprio senso civico, morale e perché no anche catechetico.
Federico Baiocco
Responsabile nazionale medici U.N.I.T.A.L.S.I.
Per maggiori informazioni sul servizio medico UNITALSI è possibile consultare la rubrica “L’Angolo di Ippocrate” sul sito www.unitalsi.it