Immigrazione

ROMA; MORRONE: “NESSUN ALLARME EBOLA”

Ebola


Il Viminale ha annunciato che circa 6000 migranti richiedenti asili politico raggiungeranno la Capitale entro il mese di agosto, provenienti da Ghana, Mali, Senegal ed Eritrea.

Questo dato, aggiunto alle notizie sulla diffusione del virus Ebola ed alla possibile recrudescenza della TBC che avrebbe contagiato un poliziotto romano a contatto con i profughi, crea allarme tra i cittadini: al prof.Morrone, direttore della struttura complessa di Medicina Preventiva delle Migrazioni e di Dermatologia Tropicale dell’ospedale San Gallicano di Roma, abbiamo chiesto di chiarire la situazione sanitaria e se vi siano o no motivi di preoccupazione.

Professore, Lei è uno dei maggiori esperti mondiali di patologie tropicali: ci sono rischi effettivi nel nostro Paese di un’epidemia di Ebola?

Per noi non c’è alcun rischio Ebola: il virus non arriva con i migranti perchè è difficile che un malato si metta in viaggio, vista la virulenza ed i rapidissimi tempi della malattia (4/5 giorni) e comunque coloro che dovessero essersi imbarcati con la malattia in fase di incubazione la manifesterebbero durante la navigazione. Oltretutto il rischio contagio è bassissimo perchè si trasmette esclusivamente attraverso fluidi corporei e liquidi biologici ed è un virus facilmente eliminabile con banali disinfettanti.

Dal 21 giugno sulle navi di Mare Nostrum sono presenti medici esperti in prevenzione e profilassi internazionale per effettuare controlli e screening ed attuare eventuale quarantena in mare.

Ma i nostri medici sono preparati sulla medicina tropicale e sull’intervento in popolazioni diverse dalle europee?

Indubbiamente abbiamo bisogno di imparare in loco e non sui libri, perchè le patologie e le sintomatologie di altre razze richiedono conoscenza diretta dei fenomeni, e soprattutto dobbiamo intervenire per estirpare la povertà in paesi dove non ci sono i servizi igienicosanitari che assieme all’alimentazione costituiscono l’origine di malattie così devastanti :basti pensare che in Sierra Leone l’aspettativa di vita è di 48 anni!

La salute deve essere globale, altrimenti nessuno potrà sentirsi garantito e quindi bisogna intervenire laddove esistono focolai: fare cordoni sanitari nelle emergenze non serve se non investiamo su ambiente, persone e contrasto al dramma della povertà.

Per quanto riguarda la TBC valgono gli stessi argomenti?

La Tubercolosi è la malattia più antica dell’umanità (reperti archeologici la fanno risalire a circa 9000 anni fa) e dunque questi microbatteri hanno una lunga esperienza di convivenza con l’uomo: se facessimo un test alla popolazione mondiale scopriremmo che il 20/25% presenta positività (cioè ha incontrato il batterio) ma non per questo è malata. La positività non deve spaventare ma al contrario esprime la capacità dell’organismo di reagire: la malattia si sviluppa soltanto  in presenza di depressione immunitaria dovuta a carenza di cibo e di norme igieniche, quindi anche qui in caso di povertà.

Nel 2012 in Italia abbiamo avuto  3000 casi di TBC su una popolazione di 60  milioni di abitanti e comunque si stanno studiando nuovi vaccini. Il grave problema non è la profilassi ma la prevenzione e l’intervento sui focolai poveri di Africa e America Latina, non nei confini nazionali.

Il fenomeno migratorio e le sue conseguenze sono un’esperienza nuova per l’Italia: cosa ci deve insegnare?

Deve insegnare che l’Italia non può chiudere gli occhi sul mondo: ripiegarsi sui suoi confini non serve perchè siamo globalizzati e c’è mobilità non solo di uomini ma di merci, piante ed animali, quindi la salute va tutelata intervenendo là dove esiste la povertà estrema, perchè la povertà estrema è essa stessa una malattia.

Nel 2000 l’OMS lanciò la campagna “Salute per tutti” ma purtroppo il traguardo non è stato raggiunto neppure parzialmente così come il primo obiettivo del Millennio che prevedeva per il 2015 di “Sconfiggere fame e povertà estrema”.

L’allarme di oggi è un’opportunità per capire che la salute è di tutti, che la ricerca farmacologica deve essere implementata attraverso fondi e strumenti adeguati e che il mondo cui apparteniamo va oltre i confini dello Stivale.

Daniela Pieri

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