Angolo della Salute

REGOLE POCO CHIARE SUI TEST SIEROLOGICI, INTERVIENE AL REGIONE

Nel Lazio sono più di 170 i laboratori privati autorizzati dalla Regione ad effettuare i test sierologici, gli esami del sangue per scoprire o meno la presenza degli anticorpi al Covid-19. Solo nella Capitale sono centinaia le persone che si sono rivolte negli ultimi giorni a questi laboratori per sottoporsi al test. Questi individui dovrebbero fare parte dell’indagine epidemiologica della Regione insieme a operatori sanitari e forze di polizia che volontariamente e gratuitamente scelgono di sottoporsi al test. Si tratta di circa 160mila soggetti a cui si aggiungono i dipendenti delle polizie locali. La Regione Lazio ha però parlato sempre di 300mila soggetti, proprio stimando un grande numero di privati che si sarebbero sottoposti al test nei laboratori privati autorizzati. Eppure, sembrerebbe che una parte di questi dati alla Regione non arrivi proprio. Spieghiamo meglio: inizialmente, già da fine aprile, i laboratori erano stati abilitati dalla Regione Lazio all’esecuzione dei test con diversi metodi diagnostici. A metà del mese, con una determina, la Regione ha fatto una ricognizione per conoscere quali laboratori potessero effettuare i test con per la ricerca per gli anticorpi Igg con i metodi Clia ed Elisa, ovvero oggetto di ricerca e metodo dell’indagine epidemiologica regionale. Finalmente a fine mese è stata lanciata l’indagine. Successivamente, con il lancio vero e proprio dell’indagine epidemiologica, la direzione Sanità della Regione Lazio ha pubblicato una determina per stabilire un preciso protocollo per la registrazione e l’invio dei dati. Ma nei fatti, questo non avviene quasi mai.

Quasi sempre, per quanto riguarda i privati, soltanto a coloro i quali sono stati trovati gli anticorpi giungono al sistema informativo delle Asl. Solo in quel caso, infatti, i medici di base informano la Asl, che prescrivono al soggetto positivo la ricetta per recarsi in uno dei 17 presidi drive-in per effettuare il tampone. Per tutti gli altri, spiegano ad “Agenzia Nova” diversi centri analisi, la comunicazione avviene solo se il soggetto richiede espressamente di far parte dell’indagine epidemiologica regionale. E deve chiederlo espressamente chi si sottopone al test: con il limite dunque di dover conoscere l’esistenza dell’indagine e la necessaria volontà di farlo davvero. Spesso questo avviene anche perché i centri analisi offrono oltre alla ricerca degli anticorpi Igg con le modalita Clia ed Elisa – e cioè quelle previste dalla Regione – anche kit per la ricerca di altre tipologie di anticorpi – Igm e Iga – o test effettuati con altre metodologie diagnostiche. La determina regionale che ha stilato l’elenco dei laboratori accreditati per i test, infatti, prevede anche una tariffa “sociale” per il test di 15,23 euro che diversi laboratori di fatto non praticano.

La questione è stata sollevata ieri anche dall’ordine dei medici di Roma e Lazio (Omceo) che con una nota di ieri ha stigmatizzato questo comportamento invitando la Regione all’aderenza “delle strutture accreditate alle tariffe proposte”. A replicare all’Omceo subito dopo sono stati i laboratori con una nota del presidente di Anisap (una delle associazione di categoria della sanità privata), Valter Rufini che ha citato una circolare della Regione dell’8 aprile con tariffe consigliate per i test ben diverse: 20 euro per quelli capillari e circa 45 per i test con prelievo venoso. Tale circolare non è presente sulla pagina della direzione Salute della Regione. Nella stessa nota Rufini sottolinea solo come con la determina del 12 maggio sia stata indicata la tariffa di 15,23 euro, sottolineando anche come la partecipazione degli utenti all’indagine avvenga “su base volontaria” e la tariffa sia obbligatoria solo “per i laboratori abilitati delle strutture pubbliche”. “La verifica da parte della Regione – sottolinea ancora Rufini – potrebbe essere eventualmente svolta solo ove la prestazione fosse erogata non in regime privatistico, ma con oneri a carico del servizio sanitario Regionale (circostanza ben conosciuta dalla Regione, che difatti non ha imposto alcuna tariffa)”. La Regione Lazio, infatti, ha finanziato con 2,7 milioni solo l’indagine su forze dell’ordine, polizie locali e operatori sanitari.

Altri laboratori sottolineano poi come il sito per la trasmissione dei dati sia ancora in modalità Beta e dunque non ci sia una reale raccolta dei test effettuati, almeno fino ad adesso. “In questo modo una grande mole di dati viene perduta, un fatto gravissimo vista l’emergenza attuale. Sono informazioni che sarebbero utilissime per avere una conoscenza epidemiologica migliore”, spiega Gennaro Lamberti, presidente di Federlab, l’associazione di categoria che riunisce diversi laboratori diagnostici di tutta Italia. “Servirebbe – prosegue Laberti – una circolare del ministero della Salute che omogenizzi le regole in tutte le regioni, non solo sulla trasmissione dei dati, ma anche stabilendo delle procedure standardizzate per effettuare i test: metodi, triage preventivo, modalità di invio”.

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