LAMPEDUSA; LA MANNA (CENTRO ASTALLI): GIUSTO PREMIO NOBEL, MA LEGGI ITALIANE FRENANO SOLIDARIETA’
Intervista a Padre Giovanni La Manna, gesuita e presidente del Centro Astalli di Roma.
A cura di Giuseppe Pallotta
A seguito del viaggio apostolico di Papa Francesco a Lampedusa, Avvenire ha lanciato una campagna perché sia conferito il premio Nobel per la pace agli abitanti dell’isola, cosa pensa al riguardo?
“Credo che questo premio possa rappresentare un ulteriore segno di gratitudine per quello che la comunità di Lampedusa ha fatto e continua a fare per coloro che scappano da guerre e da persecuzioni. Cercherò, per quello che mi sarà possibile, di essere anche io promotore di questa iniziativa, ma, allo stesso tempo, ci tengo a sottolineare come Lampedusa sia stata penalizzata da un numero di misure legislative che hanno impedito che la naturale solidarietà degli isolani si manifestasse in tutta la sua forza. Il solo fatto che se un pescatore soccorrendo un naufrago rischi di incorrere in una probabile denuncia per favoreggiamento dell’immigrazione clandestina, mettendo a repentaglio per sempre la sua attività lavorativa, dimostra come si sia sovvertita la legge nautica del salvare l’uomo in mare. Abbiamo criminalizzato il soccorso e l’immigrazione.”
Crede, quindi, che il nostro paese non abbia agito in maniera adeguata per arginare il fenomeno dei barconi della speranza?
“Sicuramente c’è un nutrito numero di volontari che quotidianamente lavora direttamente sul campo per dare soccorso a queste persone in difficoltà. D’altro canto, però, non si possono tessere le lodi della classe dirigente del nostro paese. Lavorando da dieci anni in questo campo non riesco a capacitarmi di come ogni estate debba sentire dai politici che bisogna intervenire per bloccare l’emergenza dei naufraghi a Lampedusa. A mio avviso il termine “emergenza” è inappropriato. Non siamo davanti a una calamità naturale, come un terremoto o un uragano, ma di fronte a un fenomeno, ormai di cadenza ciclica, che bisogna governare. Per di più reputo inappropriato criticare il Papa adducendo che è facile andare a predicare a Lampedusa, mentre i politici hanno la responsabilità di governare, quando sono quest’ultimi ad essere in ritardo. E’ dal 1951 che l’Italia ha firmato la convezione di Ginevra sul diritto delle vittime di guerra e diritto internazionale umanitario e non si ha ancora una legislazione organica in materia di asilo politico, se non qualche recepimento delle direttive europee.”
Quali sono a suo avviso le soluzioni concrete per risolvere la situazione a Lampedusa e in Italia?
“Quello che chiedono anche il sindaco e il parroco di Lampedusa è che quando il numero di persone che arrivano supera la capacità di accoglienza dell’isola, vi sia un trasferimento di quelle già presenti sul resto della penisola italiana, perché vengano accolte con dignità da altri organismi, che però devono essere verificati. Con l’emergenza in nord Africa, abbiamo assistito a persone parcheggiate negli alberghi, senza nessun aiuto o servizio. Accogliere un rifugiato non significa semplicemente dargli un luogo dove stare, ma, agevolare la loro permanenza sul territorio, mettendoli in condizione di poter divenire in seguito autonomi. Solo in questo modo è possibile generare un turnover di posti, che permetta alla nostra nazione di accogliere i rifugiati in maniere efficiente. E’ scandaloso che oltre a garantire sulla carta di diritto all’asilo politico, non si pensi alle modalità concrete con cui questo si possa realizzare, fornendo dei servizi che pongano il rifugiato in sicurezza. Si pensa ancora che dare assistenza ai rifugiati possa essere un business remunerativo, ma, finché non si cercherà di cambiare questa mentalità il problema non verrà mai risolto.
Pensa che l’Unione Europea sia avanti rispetto al tema dei rifugiati?
“Gli standard di accoglienza per i rifugiati vigenti negli altri paesi europei sono decisamente superiori, così come il numero di persone accolte. E’ significativo come gli stessi rifugiati, che arrivano nel nostro paese in situazioni disperate, si rifiutino di sottoporsi alle procedure di riconoscimento imposte dalla convenzione di Dublino, che prevedono la foto segnalazione e la raccolta delle impronte digitali. Nel nostro paese la linea di demarcazione tra richiesta di asilo politico e immigrazione clandestina è veramente sottile e queste persone hanno paura di subire ulteriori ingiustizie dopo le tante già passate, che le hanno indotte a scappare. E‘ necessario, quindi, uniformare tutti i paesi aderenti all’Unione Europea sulla base di regole standard che regolarizzino le procedure e i costi in materia di rifugiati per asilo politico. Dobbiamo smettere di chiuderci in un vittimismo perenne che ci portato a un immobilismo, che viene sorretto dalla banale scusa che l’Europa ha abbandonato Lampedusa.
Una volta il Mediterraneo era un luogo di incontro e di scambio tra le diverse culture, oggi è divenuto un cimitero, dove i pescatori rischiano di trovare nelle loro reti resti umani. Penso che sia interesse di tutti se queste tristi scene non vengano più a manifestarsi e si possa tornare ai fasti di un tempo.”
Cosa può dirci, invece, sul panorama romano?
“I dati ufficiali parlano di 1.500-2.000 rifugiati presenti sul territorio romano, ma le nostre stime non ufficiali si attestano su numeri più copiosi.
Il problema principale dell’accoglienza a Roma è legato ai tempi di attesa nelle pubbliche amministrazioni. Per l’assegnazione di un posto dove possa vivere un nucleo famigliare, ma anche un singolo, bisogna attendere mediamente dai tre ai quattro mesi.
Ma, oltre al problema di natura logistica, una delle più grandi criticità è legata all’atteggiamento che la pubblica amministrazione riserva nei confronti di queste persone, soprattutto, se di colore.
Il vetro allo sportello sembra divenire più spesso, specialmente quando il registro verbale, che viene utilizzato per tutti gli italiani, davanti allo straniero passa dal formale al confidenziale, arrivando in alcuni casi a farlo sentire a disagio solamente perché viene a chiedere informazioni e aiuto.”
Quando vedremo Papa Francesco fare visita al Centro Astalli?
“Il Papa è molto sensibile al tema dei rifugiati, come dimostrato da vari suoi discorsi o dal messaggio inviato per la giornata internazionale dei rifugiati, in cui ha ricordato di vedere in loro il volto di Cristo. Lo abbiamo inviato al Centro Astalli e ha promosso di venire e nel frattempo ci ha chiesto che a tutti i rifugiati qui da noi sia portato il suo saluto.
Il viaggio a Lampedusa, la preghiera che ha rivolto per i tanti morti durante i naufragi, e il ricordarci che facciamo fatica a piangere i defunti, ci hanno mostrato come il Santo Padre sia molto preoccupato per l’indifferenza globale in cui viviamo.
Incontrando i rifugiati, stringendo a uno per uno la mano e sentendo cosa avevano da dire, Papa Francesco ci ha ricordato come l’incontro con lo straniero è un elemento quotidiano e non straordinario, che può accrescere la qualità e la dignità della vita, ritrovando quello che abbiamo perso: il senso di appartenenza alla stessa comunità.”