PAPA IN BOLIVIA: INCONTRO CON I DETENUTI, “QUELLO CHE STA DAVANTI A VOI È UN UOMO PERDONATO”
“Quello che sta davanti a voi è un uomo perdonato. Un uomo che è stato ed è salvato dai suoi molti peccati”. Visitando il Centro di Rieducazione Santa Cruz-Palmasola, prima di incontrarsi con i vescovi per il congedo dalla Bolivia, il papa si è presentato così ai carcerati. “Non ho molto da darvi o offrirvi, ma quello che ho e quello che amo, sì, voglio darvelo, voglio condividerlo: Gesù Cristo, la misericordia del Padre”, ha proseguito, spiegando che l’amore che Dio ha per noi è “un amore attivo, reale. Un amore che ha preso sul serio la realtà dei suoi. Un amore che guarisce, perdona, rialza, cura. Un amore che si avvicina e restituisce dignità. Una dignità che possiamo perdere in molti modi e forme. Ma Gesù è un ostinato in questo: ha dato la vita per questo, per restituirci l’identità perduta”. “Pietro e Paolo, discepoli di Gesù, sono stati anche prigionieri, sono stati anche privati della libertà”, ha ricordato Francesco: “In quella circostanza, c’è stato qualcosa che li ha sostenuti, qualcosa che non li ha lasciati cadere nella disperazione, nell’oscurità che può scaturire dal non senso. E’ stata la preghiera. Personale e comunitaria”. La preghiera, ha spiegato il Papa, “ci preserva dalla disperazione e ci stimola a continuare a camminare”. E’ “una rete che sostiene la vita, la vostra e quella dei vostri famigliari”.
“Quando Gesù entra nella vita, uno non resta imprigionato nel suo passato, ma inizia a guardare se stesso, la propria realtà con occhi diversi. Non resta ancorato in quello che è successo, ma è in grado di piangere e lì trovare la forza di ricominciare”. Lo ha assicurato il Papa, che ha esortato i detenuti di Santa Cruz ad affidare al “volto” di Gesù crocifisso “le nostre ferite, i nostri dolori, anche i nostri peccati. Nelle sue piaghe, trovano posto le nostre piaghe”. “Gesù vuole risollevarci sempre”, ha affermato il Papa: “Questa certezza ci spinge a lavorare per la nostra dignità”. “La reclusione non è lo stesso di esclusione – ha ammonito Francesco – perché la reclusione è parte di un processo di reinserimento nella società”. “Sono molti gli elementi che giocano contro di voi in questo posto”, ha ammesso il Papa: “il sovraffollamento, la lentezza della giustizia, la mancanza di terapie occupazionali e di politiche riabilitative, la violenza… E ciò rende necessaria una rapida ed efficace alleanza fra le istituzioni per trovare risposte”. “Non abbiate paura di aiutarvi fra di voi”, l’invito ai carcerati. A tutto il personale del Centro, il Papa ha assegnato il compiuto “di rialzare e non di abbassare; di dare dignità e non di umiliare; di incoraggiare e non di affliggere, di abbandonare una logica di buoni e cattivi per passare a una logica centrata sull’aiutare la persona”. (Agensir)