Angolo della Salute

ORDINI DEI MEDICI AL LAVORO PER SCRIVERE “MAGNA CARTA” DELLA PROFESSIONE

medici ospedale


Ordini dei medici a lavoro per “riscrivere” la professione. “Un documento storico, la Magna Carta della professione medica e odontoiatrica, scritta dai medici insieme a tutta la società civile come rifondazione della medicina e della professione”. Dovrà essere questo, nelle intenzioni del presidente della Federazione nazionale degli Ordini dei medici chirurghi e degli odontoiatri (Fnomceo), Filippo Anelli, l’obiettivo dei prossimi Stati Generali della professione medica e odontoiatrica. Un percorso che sta muovendo i suoi primi passi e “attraverserà tutta la professione nelle sue diverse componenti ed espressioni, l’opinione pubblica, la società civile”.

Ad annunciarlo è stato lo stesso Anelli oggi a Roma, di fronte alla platea dei 106 presidenti degli Ordini dei medici territoriali, riuniti nel Consiglio nazionale. La convocazione degli Stati generali nasce – ricorda la Fnomceo – dalla crisi d’identità del medico che, a fronte di una vocazione, “oggi si trova vessato da aggressioni, violenze, dal diffondersi arrogante di fake news che pretendono di sostituirsi alle evidenze scientifiche”. Solo attraverso il “recupero della libertà, dell’autonomia, dell’indipendenza e della dignità che in questi ultimi anni la nostra professione ha perso potremo efficacemente contrastare due fenomeni di grande attualità come le fake news in sanità e la violenza contro gli operatori sanitari”, sottolinea Anelli. Si tratta infatti di due fenomeni apparentemente lontani, che hanno però le medesime radici culturali, “quelle di un mondo in cui il sapere è illusoriamente alla portata di tutti”. All’interno di due sistemi in profonda crisi come la scuola e la sanità sono due aree dove le “professioni svilite che diventano facile capro espiatorio di cittadini arrabbiati”.

“La Fnomceo – aggiunge il presidente – si sta impegnando in prima linea in quella che, al di là delle cause organizzative e strutturali contingenti, è una battaglia culturale. Dobbiamo pretendere che vengano messe in sicurezza tutte le sedi di continuità assistenziale, a tutela dei medici e degli stessi cittadini. Dobbiamo esigere che vengano rispettate le normative sulla sicurezza. Ma quei medici che vengono lasciati soli in sedi fatiscenti sono il simbolo di una condizione generale che accomuna tutta la nostra categoria. Quei medici della notte siamo noi. E finché continueremo a essere sviliti, colpiti nella nostra dignità, vessati da carichi burocratici che ci impediscono di fare il nostro lavoro, costretti a svolgerlo in strutture spesso indecorose, mal organizzate e con croniche carenze di personale – incalza Anelli – continueremo ad essere soli, a essere esposti alle aggressioni”.

Per riscrivere le regole della loro professione i medici partiranno dalle macroaree individuate dall’apposita Commissione che è al lavoro da aprile, dopo l’indizione degli Stati Generali: i cambiamenti e le crisi; i rapporti del medico rispettivamente con la società, con l’economia, con la scienza, con il lavoro; la medicina e il medico verso il futuro. “Il primo punto, dedicato ai cambiamenti – dice Anelli – ha a che fare con questioni sovrastrutturali, con la medicina amministrata, cioè il tentativo di superare il medico ippocratico e sostituirlo con un medico burocratizzato, proceduralizzato, un esecutore di procedure. Ma ha a che fare anche con questioni strutturali, dalle quali dipendono la maggior parte dei nostri problemi di legittimazione sociale, compresi i fenomeni del contenzioso legale e della crescente sfiducia nei confronti della nostra professione da molti considerata poco adeguata alle complessità di un cittadino che da paziente è diventato una persona che rivendica i suoi diritti”. “Se vogliamo salvare il medico ippocratico – conclude il presidente Fnomceo – dobbiamo avere il coraggio intellettuale di distinguere quello che va da quello che non va. Se ammettiamo al futuro ciò che non va, abbiamo perso la nostra battaglia e la professione diventerà quella che noi non vogliamo e che al malato e a questa società non serve”.

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