NON SIAMO LONTANI DALLA RIFORMA DELLE CARCERI
Va avanti l’iter parlamentare dello schema di decreto legislativo, approvato in via preliminare dal Consiglio dei ministri lo scorso 22 dicembre, sulla riforma dell’ordinamento penitenziario. La Commissione Giustizia della Camera dovrebbe votare il suo parere mercoledi’ prossimo, mentre a Palazzo Madama, la Commissione esaminera’ il testo per tutta la settimana, convocando anche in audizione il direttore generale per il trattamento detenuti del Dap, Calogero Piscitello, il procuratore aggiunto di Catania, Sebastiano Ardita, e il docente di medicina e psicologia dell’universita’ La Sapienza, Stefano Ferracuti.
Il decreto deve essere approvato in via definitiva dal CdM entro il 2 marzo: “Lavoriamo per questo obiettivo”, aveva assicurato il ministro della Giustizia Andrea Orlando, interpellato in merito a margine dell’Anno giudiziario in Cassazione, il 26 gennaio scorso. La riforma, che si basa sui lavori degli Stati generali per l’esecuzione penale voluti dal Guardasigilli e conclusi nell’aprile 2016, prevede, in particolare, il rafforzamento e l’ampliamento delle misure alternative al carcere, superando automatismi e preclusioni, tranne che per i condannati per delitti di mafia e terrorismo. Si tiene conto delle statistiche secondo cui per chi espia la pena in carcere vi e’ recidiva nel 60,4% dei casi, mentre per coloro che hanno fruito di misure alternative alla detenzione il tasso di recidiva e’ del 19%, ridotto all’l% per quelli che sono stati inseriti nel circuito produttivo. Un’attenzione specifica viene dedicata al percorso riabilitativo del detenuto, attuando pienamente il dettato costituzionale. Per gli addetti ai lavori, il decreto sull’ordinamento penitenziario e’ un “passo in avanti”, nonostante non manchino criticita’: a segnalarne alcune era stato, in audizione alla Camera, il procuratore nazionale antimafia Federico Cafiero de Raho, secondo cui si rischia “un indebolimento” e un “vulnus a un sistema che deve essere di rigidita’”.
Un punto critico, aveva rilevato il magistrato, e’ la possibilita’ di ammettere alla detenzione domiciliare anche le donne in carcere per mafia che hanno figli di eta’ minore a 10 anni o disabili. “Va considerato che le donne nelle cosche stanno prendendo il posto degli uomini – ha detto de Raho – si tratta di soggetti pericolosi e violenti. Riportarle in famiglia per stare a fianco dei figli sembra un percorso inverso rispetto a quello che si sta facendo nei territori”.
Lo schema di decreto contiene anche novita’ sulla sanita’ penitenziaria, con l’equiparazione tra infermita’ fisica e psichica, volta ad garantire adeguati percorsi rieducativi compatibili con le esigenze di cura della persona. Una previsione importante riguarda poi il regime di semiliberta’, con la possibilita’ di accedere a tale istituto da parte dei condannati all’ergastolo (tranne che per mafia e terrorismo), dopo che abbiano correttamente fruito di permessi premio per almeno 5 anni consecutivi, nuovo presupposto alternativo a quello dell’espiazione di almeno 20 anni di pena. Attenzione particolare viene data alla socialita’ del detenuto, con attivita’ comuni, studio, lavoro e anche lo svago, nonche’ all’alimentazione per i reclusi, estendendo i requisiti del vitto, rispetto a quanto attualmente previsto, in modo da soddisfare le esigenze delle diverse ’culture’ ed ’abitudini’ alimentari.
I detenuti vengono tutelati anche da discriminazioni legate all’identita’ di genere’ e all’orientamento sessuale. In linea, inoltre, con le regole europee, si pone in risalto il diritto del detenuto ad essere assegnato ad un istituto prossimo alla residenza della famiglia “fatta salva l’esistenza di specifici motivi contrari”, come il mantenimento o la ripresa di’ rapporti con la criminalita’ comune o organizzata. Viene consentito l’uso delle tecnologie informatiche all’interno del carcere, anche per i contatti con la famiglia, ad esempio, attraverso l’uso della posta elettronica e dei colloqui via Skype. Sulla riforma si attende ancora il parere che il Csm e’ chiamato a dare, mentre gli esponenti dell’Anm e della magistratura di sorveglianza hanno gia’ rilevato la necessita’ di “un investimento forte per le strutture come gli Uffici dell’esecuzione penale esterna, la polizia penitenziaria, gli organici dei tribunali di sorveglianza”.
Il Guardasigilli Andrea Orlando ha sottoposto all’esame del Garante nazionale per i detenuti anche altri schemi di decreto: i testi, inerenti il lavoro per i detenuti, la giustizia riparativa e l’ordinamento penitenziario minorile, sono gia’ stati trasmessi da via Arenula a Palazzo Chigi, ma non sono stati finora esaminati dal Consiglio dei Ministri. Un punto della delega sulle carceri contenuta nella riforma del processo penale entrata in vigore la scorsa estate riguardava anche il “diritto all’affettivita’” del detenuto: questa parte, pero’, non ha trovato spazio nei decreti, data la clausola di invarianza finanziaria.