NEL LAZIO SOVRAFFOLAMENTO DELLE CARCERI, OLTRE 1000 DETENUTI IN PIU’
“Il dato principale è che nel Lazio come in Italia è ripreso a crescere l’affollamento penitenziario, in particolare nella Regione Lazio è più alto che in Italia, siamo al 120 per cento. Questo significa che abbiamo circa mille detenuti in più rispetto alla capacità disponibile dei nostri istituti penitenziari”. Così il Garante delle persone sottoposte a misure restrittive della libertà della Regione Lazio, Stefano Anastasia, che ha presentato, presso il Consiglio regionale del Lazio, la propria relazione sulle carceri, le residenze per l’esecuzione delle misure di sicurezza e il centro di permanenza per il rimpatrio degli stranieri. “In modo particolare – ha spiegato il Garante – alcuni istituti soffrono questo sovraffollamento, non solo Regina Coeli ma anche molti piccoli istituti come Latina. E’ una questione da tenere sotto controllo perché il sovraffollamento non significa solo meno spazi ma che ci sono meno attività, personale e risorse finanziarie. E dunque complessivamente i siti penitenziari non funzionano come dovrebbero”. In particolare, dalla relazione si evince che al 29 aprile sono presenti 6.346 detenuti per una capienza degli istituti penitenziari per adulti del Lazio di 5.257 persone. Il Lazio ha un tasso di sovraffollamento pari al 121%, superiore a quello nazionale che è del 115%. Ad esempio, l’istituto penitenziario di Latina, che avrebbe 70 posti per i detenuti, ha un tasso di sovraffollamento che sfiora il 150%, il piu’ alto nella Regione. “La popolazione detenuta nella Regione Lazio – ha aggiuto Anastasia – e’ nuovamente in crescita dopo la riduzione significativa che c’era stata negli anni passati a seguito della condanna della Corte europea dei diritti umani, sia della popolazione detenuta in Italia che nel Lazio”. Per quanto riguarda le misure da adottare, il Garante ha chiarito che occorrono “ovviamente misure che incentivano le alternative al carcere, sia in fase cautelare, quindi evitando il ricorso al carcere in attesa del processo quando non sia necessario, sia nel percorso di reinserimento sociale, perché noi sappiamo che tanti detenuti che sono definitivi in carcere sono in carcere per pene piccole, e quindi potrebbero accedere all’alternativa. Qui – ha concluso – c’è un grande ruolo anche degli enti territoriali, della Regione, degli enti locali, che devono poter sostenere i percorsi di reinserimento attraverso politiche abitative, sociali, politiche che consentano effettivamente a queste persone di uscire più rapidamente possibile dalle istituzioni penitenziarie”.