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MINORI, IL RISCHIO DI MALTRATTAMENTO RESTA ALTO, SOPRATTUTTO AL SUD
È un’Italia a due velocita’ quella che emerge dalla terza edizione dell’Indice regionale sul maltrattamento all’infanzia elaborato dal Cesvi (onlus cooperazione e sviluppo) e presentato stamattina in anteprima nazionale. L’indagine 2020, intitolata ’Restituire il futuro’, conferma come nella penisola resti alto il rischio maltrattamento di bambini e adolescenti – dagli abusi fisici e psicologici allo sfruttamento, alla trascuratezza – amplificato anche dalle conseguenze sociali ed economiche dell’emergenza coronavirus, che ha messo a dura prova famiglie e servizi sociali preposti al loro sostegno. L’indice, complessivamente, vede dodici regioni al di sopra della media nazionale (erano tredici nel 2019): tutte le otto regioni del Nord Italia, tre dell’Italia Centrale (Toscana, Umbria e Marche) e una del Sud (Sardegna). Le regioni del Sud si confermano ad ’elevata criticita’, con peggioramenti rispetto alla media nazionale sia tra i fattori di rischio che tra i servizi, registrati in Campania, Puglia, Sicilia, Calabria, Basilicata, Abruzzo, Lazio e Molise (precedentemente posto sulla media nazionale). Le otto regioni del Nord sono tutte al di sopra della media nazionale, mentre le ultime quattro posizioni dell’Indice sono occupate da Campania (20esimo), Calabria (19esimo), Sicilia (18esimo) e Puglia (17esimo). La regione con la maggiore capacita’ nel fronteggiare il problema del maltrattamento infantile, sia in termini di contesto ambientale che di sistema dei servizi e’ invece, come negli anni precedenti, l’Emilia-Romagna, seguita da Trentino-Alto Adige (secondo), Friuli-Venezia Giulia e Veneto, che si scambiano il terzo e il quarto posto, e Toscana, confermata alla quinta posizione. Solo la Sardegna registra un peggioramento dei fattori di rischio e un miglioramento dei servizi. Sardegna e Umbria rientrano, quindi, nella categoria delle regioni ’reattive’ che combinano un fattore ambientale critico con un’offerta piu’ dinamica di servizi dedicati al maltrattamento. Tra le regioni ’virtuose’ – con bassi fattori di rischio e un buon livello di servizi sul territorio – si confermano invece Emilia-Romagna, Veneto, Trentino-Alto Adige, Friuli-Venezia Giulia, Liguria, Toscana e quest’anno, in aggiunta rispetto al 2019, anche il Piemonte che, pur perdendo una posizione per i fattori di rischio migliora nei servizi. Tra le regioni ’stabili’ si collocano la Lombardia, come nella precedente edizione, la Valle d’Aosta, collocata tra quelle virtuose nell’Indice 2019, e le Marche. “L’Indice regionale sul maltrattamento all’infanzia non misura quanto e come i bambini sono maltrattati, ma e’ un’indagine su tutto cio’ che sta intorno a loro”, spiega nel corso dell’incontro web Giovanna Badalassi, economista e ricercatrice Cesvi che, assieme a Federica Gentile, ha redatto il rapporto validato da un comitato scientifico costituito da Autorita’ garante per l’Infanzia e l’Adolescenza, Istat, Miur, Istituto degli Innocenti, Cismai e Consiglio Nazionale Ordine Assistenti Sociali. “Parliamo di fattori di rischio (individuali, relazionali, comunitari o sociali, ndr) e di come i servizi rispondono e prevengono e contrastano questo rischio”, aggiunge. Il risultato e’ una graduatoria basata su “64 indicatori, per la maggior parte Istat, classificati in sei capacita’”: capacita’ di cura di se’ e degli altri, di vivere una vita sana, di vivere una vita sicura, di acquisire conoscenza e sapere, di lavorare, di accesso a risorse e servizi. In piu’, l’Indice quest’anno si arricchisce di un intero capitolo dedicato all’analisi del periodo Covid-19, che evidenzia come l’emergenza e il lockdown abbiano moltiplicato i fattori di rischio per il maltrattamento all’infanzia, complice anche l’abbassamento dei livelli di monitoraggio dovuti all’interruzione di molte attivita’ dei servizi sociali e del ruolo sentinella della scuola. “E se al Nord i bambini si sono dovuti e dovranno misurarsi maggiormente con traumi legati all’”elaborazione del lutto”, al Sud il problema e’ legato invece a situazioni di “fragilita’ e precarieta’ economica”. Nonostante tutto, i bambini italiani “hanno reagito bene finora”, mostrando una grande capacita’ di resilienza, tema che quest’anno e’ stato scelto dal Cesvi come focus dell’Indice. “Tutti gli operatori, pero’- sottolinea la studiosa- si aspettano un peggioramento della situazione mentale di bambini e adulti e un maggior bisogno di cura che si sta sviluppando, perche’ gia’ diversi operatori sociali che facevano un’assistenza leggera ad alcune famiglie stanno trasformando la propria presenza” in un supporto diverso, anche di tipo psicologico. “Questa e’ una crisi di cura- ricorda l’esperta- non una semplice crisi economica come quella del 2008”. Cosa fare, dunque, di fronte a questo quadro a tutela dell’infanzia? La proposta del Cesvi e’ un mix di raccomandazioni “di sistema e di emergenza”, chiarisce Badalassi. Innanzitutto, per l’organizzazione umanitaria occorre “sviluppare un sistema informativo puntuale sul tema del maltrattamento all’infanzia”, investendo con nuove risorse e nuovi strumenti di governance che intendano ridurre il divario territoriale registrato. Secondo “l’Organizzazione mondiale della Sanita’ per ogni caso di maltrattamento sull’infanzia conosciuto dai servizi ce ne sono nove che non vengono alla luce- ricorda la presidente del Cesvi, Gloria Zavatta- Il fatto che non emergano i casi e che non si abbiano dati e’ un elemento molto importante a cui questo Indice vuole cercare di dare una prima risposta. Nel mondo nel 2015 tre bambini su quattro hanno subito una qualche forma di violenza, quindi sono fenomeni diffusi, purtroppo anche in Italia. L’indice che abbiamo curato e’ uno strumento di conoscenza e ha un obiettivo importante per noi- chiarisce-: mettere a frutto esperienze internazionali, trasferire le best practices che abbiamo imparato sul campo, richiamare l’attenzione sul fenomeno e- conclude- generare un confronto sia tra le istituzioni che tra i nostri partner, per crescere insieme verso soluzioni migliori che possiamo attuare per rimuoverne le cause e promuovere la resilienza di giovani, bambini e future generazioni”. |