MESSA DEL PAPA IN SUFFRAGGIO DI CARDINALI E VESCOVI DEFUNTI
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Papa Francesco è entrato in processione nella Basilica di San Pietro dove stamane, all’Altare della Cattedra, ha presieduto la messa in suffragio dei cardinali e vescovi defunti durante l’anno.
Sono sei i cardinali scomparsi nel corso dell’ anno (Prosper Grech, Renato Corti, Zenon Grocholewski, Adrianus Johannes Simonis, Marian Jaworski, Anthony Soter Fernandez), 163 gli arcivescovi e i vescovi di tutto il mondo. Con il Pontefice hanno concelebrato la liturgia i cardinali presenti. Pochissimi, per le precauzioni anti-Covid, i fedeli presenti sugli scranni, tra religiosi, religiose e qualche laico.
“Ricordiamo – ha detto il Pontefice – con gratitudine la testimonianza dei Cardinali e dei Vescovi defunti vissuti nella fedeltà al volere divino; preghiamo per loro cercando di seguirne l’esempio. Il Signore effonda sempre su di noi il suo Spirito di sapienza, in maniera particolare in questo tempo di prova. Soprattutto nelle ore in cui il cammino si fa più difficile, Egli non ci abbandona, rimane con noi”.
Commentando le pagine evangeliche, il Papa ha spiegato che “la rivelazione di Gesù oggi interpella tutti noi: siamo chiamati a credere nella risurrezione non come a una specie di miraggio all’orizzonte, ma come a un evento già presente, che ci coinvolge misteriosamente già ora. E tuttavia questa stessa fede nella risurrezione non ignora né maschera lo smarrimento che umanamente sperimentiamo davanti alla morte”. “Oggi, dunque, è a noi che il Signore ripete: ’Io sono la risurrezione e la vita’ – ha continuato -. E ci chiama a rinnovare il grande salto della fede, entrando fin da ora nella luce della Risurrezione”.
“Quando questo salto avviene, il nostro modo di pensare e di vedere le cose cambia”, e “ogni avvenimento viene allora valutato alla luce di un’altra dimensione, quella dell’eternità”. “Nel pregare oggi per i Cardinali e i Vescovi defunti nell’arco di questo ultimo anno – ha proseguito il Pontefice -, chiediamo al Signore di aiutarci a considerarne in maniera giusta la parabola esistenziale. Gli chiediamo di dissolvere quella mestizia negativa, che a volte s’infiltra in noi, come se con la morte finisse tutto. Si tratta di un sentimento lontano dalla fede, che si aggiunge all’umana paura di dover morire, e da cui nessuno può dirsi del tutto immune”. Per questo, “davanti all’enigma della morte, anche il credente deve continuamente convertirsi. Quotidianamente siamo chiamati ad andare oltre l’immagine che istintivamente abbiamo della morte come annientamento totale di una persona”. “