Angolo della Salute

MALATTIE RARE, LE DIFFICOLTÀ DEGLI ADOLESCENTI

Photo by Banter Snaps on Unsplash

Vivere con una malattia rara è sempre difficile. Ma per gli adolescenti, già alle prese con un’età complessa, tutto si complica – anche nell’assistenza ’consolidata’ – quando si deve passare dalle cure del pediatra a quelle del medico che si occupa degli adulti. Un tema relativamente nuovo perché legato ai progressi delle terapie che, in molti casi, consentono a bambini che un tempo non sarebbero mai diventati adulti, di continuare a vivere, curati però non più in area pediatrica. Una transizione delicata per i giovani pazienti, ma di cui si parla poco. Molto c’è ancora da fare in termini di informazione e formazione, secondo gli specialisti riuniti oggi a Roma per l’incontro Lsd Academy 2019, organizzato da Shire Italia (ora parte di Takeda), e dedicato in particolare alle malattie da accumulo lisosomiale.

“La transizione deve garantire a bambini e adolescenti con problemi fisici e medici di natura cronica un’assistenza continuativa, su misura, comprensiva, empatica e professionalmente competente, e testimoniare un’alta qualità dei servizi sanitari”, spiega Raffaele Manna dell’unità operativa complessa di medicina interna Istituto di medicina interna (Rare diseases and periodic fevers research Centre) dell’università Cattolica del Sacro Cuore. “Questo passaggio è così delicato e importante che tutta la comunità scientifica se ne sta interessando”.

Secondo Eurordis-Rare Diseases Europe, circa il 50% delle malattie rare inizia in età infantile e oggi un maggior numero di piccoli pazienti raggiunge l’adolescenza e l’età adulta. “Tuttavia – avverte Manna – la salute e il benessere di questi bambini continuano a dipendere dalla continuità dell’assistenza medica a essi fornita”.

“La transizione è un passaggio delicato perché riguarda quattro soggetti: l’adolescente, la famiglia, il mondo della cura pediatrica e il mondo della cura dell’adulto, in una situazione di vulnerabilità data dalla patologia cronica”, spiega Lucia Sciarretta, psicologa clinica e psicoterapeuta Neuropsichiatria infantile Istituto Gianni Gaslini di Genova.

“La malattia cronica diagnosticata in età pediatrica si porta dietro non solo una complessità assistenziale, ma anche un impatto emotivo per la famiglia che può stravolgere le dinamiche interpersonali, modificando l’essere madre e l’essere padre e di conseguenza l’essere figlio che diventa un piccolo paziente. Talvolta i genitori sono portatori sani e anche questa caratteristica crea significati, come i sensi di colpa, che condizionano i legami. Le manifestazioni sintomatiche, poi, possono essere varie e avvengono in un corpo e in una mente in crescita. È chiaro che non si può improvvisare, ma sono necessari protocolli e linee guida”. 

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